Le vittoria di Vita di Pi di Ang Lee ha messo nuovamente in evidenza l'importanza degli effetti speciali per l'industria cinematografica americana. Tuttavia le grandi società che rendono possibile la creazione delle immagini da sogno, che osserviamo meravigliati sul grande schermo, sono attualmente in crisi.
Se nel 2012 la Digital Domain, che ha realizzato grandi blockbuster come Transfrmer e gli X-MEN, aveva un debito di 214.9 milioni di dollari con la conseguente chiusura delle attività negli studios di Port St. Lucie e il licenziamento di circa 300 impiegati, attualmente Rhythm & Hues, la società che ha curato gli effetti visivi dell'ultimo film di Ang Lee, dopo che il film aveva intascato altri quattro premi al Visual Effects Society Awards, è finita in bancarotta lo scorso 13 febbraio con la richiesta di ammissione alla procedura di amministrazione controllata e 254 dei suoi 718 impiegati licenziati.
“Abbiamo fatto guadagnare miliardi di dollari al cinema, ora siamo sull'orlo del baratro”, ha detto al Wall Street Journal, Eric Roth direttore di Visual Effect Society, associazione di oltre 3 mila iscritti., “Anche se torneremo a camminare sulle nostre gambe rischiamo di dover far fronte alle stesse difficoltà. Non ci sono soluzioni, stiamo già cercando acquirenti, l'unica via di uscita è trovare investitori e dire addio a Hollywood”.
Una spiegazione al fenomeno potrebbe essere infatti la delocalizzazione delle produzioni americane verso paesi con condizioni fiscali più favorevoli come il Canada che ha vantaggi finanziari tra il 35 e il 60% superiori agli U.S.A.
Per capire meglio il fenomeno bisogna dire innanzitutto che il territorio in perdita di produzioni subisce una contrazione dei lavoratori impiegati in quel settore e perde competitività strutturale mentre il paese che riceve la delocalizzazione ottiene posti di lavoro, investimenti e strutture ottenendo un aumento di ricchezza in quel territorio. Per esempio si pensi alla Weta, società già realizzatrice degli effetti speciali de Il signore degli anelli ed Avatar, ed alla sua attività in Nuova Zelanda dove sono state offerte condizioni vantaggiosissime per far girare a Peter Jackson lo Hobbit con una somma di 500 milioni di dollari.
A ciò si aggiunge inoltre il fatto che grazie alla diffusione capillare del digitale anche piccoli laboratori posso offrire, mediante sempre più nuovi e semplici software di editing, prestazioni che prima, per via dei costi, sarebbero state accessibili solo alle grandi produzioni.