“Sindrome da inanizione”: sarebbe questa la causa del decesso di Stefano Cucchi, il trentenne morto nel 2009, qualche giorno dopo il suo arresto, nel reparto giudiziario dell'ospedale Sandro Pertini. Per i periti nominati dalla III Corte d'assise di Roma, la morte del giovane geometra sarebbe dunque avvenuta per “mancanza (o carenza) di alimenti e liquidi”.
“Il quadro traumatico osservato – si legge inoltre nel dossier di 195 pagine depositato dal gruppo di lavoro dell'Istituto Labanof di Milano – si accorda sia con un'aggressione, sia con una caduta accidentale, né vi sono elementi che facciano propendere per l'una piuttosto che per l'altra dinamica lesiva”.
“In questo contesto – scrivono perciò i periti – pare anche inutile perdersi in discussioni sulla causa ultima del decesso: se, vale a dire, esso sia da ricondursi terminalmente ad un disturbo del ritmo cardiaco, piuttosto che della funzionalità cerebrale, trattandosi di ipotesi entrambe valide ed ugualmente sostenibili”.
“Questo – continua la relazione – anche in considerazione del fatto che il decesso (vuoi per causa ultima cardiaca, vuoi per causa ultima cerebrale) intervenno nelle prime ore della mattinata del 22 ottobre quando, quanto meno a partire da due-tre giorni prima, già si era instaurato il catabolismo proteico, indice come abbiamo visto sopra di una prognosi 'a breve' sicuramente infausta”.
La perizia, depositata giovedì, verrà discussa fra una settimana nel corso della prossima udienza del processo in cui sono imputati tre agenti della polizia penitenziaria, tre infermieri e sei medici.
Proprio questi ultimi – riporta infine la perizia – ebbero una condotta colposa, a titolo sia di imperizia, sia di negligenza, quando non di mancata osservanza di disposizioni comportamentali codificate”: i sanitari della Medicina protetta del Pertini, insomma, “non si sono mai resi conto di essere (e fin dall'inizio) di fronte a un caso di malnutrizione importante, quindi non si sono curati di monitorare il paziente sotto questo profilo, né hanno chiesto l'intervento di nutrizionisti (o di altri specialisti in materia), e, non trattando il paziente in maniera adeguata, ne hanno determinato il decesso”. (red)
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