Paolo Gabriele, l'ex maggiordomo del Papa accusato di furto aggravato dei documenti di Benedetto XVI, interrogato durante la seconda udienza a Roma del processo Vatileaks, ha dichiarato al suo avvocato di aver subito maltrattamenti da parte della Gendarmeria Vaticana.
A Cristiana Arru, suo difensore, l'imputato ha riferito di essere stato rinchiuso, subito dopo l'arresto dello scorso 23 maggio e per “una ventina di giorni”, in una cella così piccola che non era possibile “neanche allargare le braccia”.
In tale periodo di detenzione, inoltre, Gabriele sarebbe rimasto 24 ore su 24 con la luce accesa e questo gli avrebbe “causato un abbassamento della vista”: “la prima notte – ha inoltre aggiunto l'ex maggiordomo – mi è stato anche negato il cuscino”.
Domenico Giani, comandante del corpo della gendarmeria vaticana, ha risposto alle accuse con un comunicato ufficiale in cui si afferma di aver avuto sempre “il massimo rispetto” di Gabriele: sarà comunque avviata un'inchiesta interna al vaticano ma se le dichiarazioni di quest'ultimo “dovessero risultare infondate, egli potrebbe essere passibile di una controdenuncia”.
Intanto il presidente del collegio giudicante, Giuseppe Dalla Torre, ha invitato il Promotore di giustizia (pm) della Santa Sede, Nicola Picardi, ad aprire un fascicolo per “accertare se vi siano stati eventuali abusi nel corso della detenzione” del maggiordomo. (red)
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