Gesti delicati, gesti inaspettati. Come una corona di fiori gettata in mare o la stretta di mano a un gruppo di immigrati. Papa Francesco è sbarcato a Lampedusa, isola di speranza, meta e rifugio per migliaia di uomini costretti a fuggire dalle proprie terre al di là di quel mare che divide e nasconde agli occhi quotidianità fatte di guerre, fame, carestie.
A loro, ai 25 mila annegati in 20 anni di viaggi di morte e a chi invece è arrivato a calpestare una terra non sua bramando un futuro, il neoeletto Pontefice ha dedicato la sua prima visita il cui scopo, ha spiegato durante la celebrazione della messa, “è risvegliare le nostre coscienze perchè ciò che è accaduto non si ripeta”.
Perchè “la globalizzazione dell'indifferenza”, tipica di una società “che ha dimenticato l'esperienza del piangere”, non mieta ancora vittime innocenti, abbandonando nella profondità scura delle acque il destino di uomini e donne che tentano di fuggire a una morte certa affidando le loro vite a traghettatori senza scrupoli e alle braccia aperte di un occidente troppo spesso impreparato e diffidente.
Le mani di quei migranti tra le sue, alle spalle i protocolli e le orme dei suoi predecessori, Papa Francesco non ha voluto che ad accoglierlo ci fossero fasti e autorità, tranne il sindaco di Lampedusa Giuseppina Nicolini, l'arcivescovo di Agrigento Franco Montenegro e una folla composta da migliaia di isolani e di migranti, tra cui tanti musulmani.
“O scià”, li ha salutati Papa Bergoglio nella tipica espressione dialettale lampedusana, “la Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e per le vostre famiglie”. Poi la messa, e un messaggio affidato al cinguettio di Twitter: “Preghiamo per avere un cuore che abbracci gli immigrati. Dio ci giudicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi”.
Un “evento epocale”, la visita del Pontefice sull'isola: "Cosa significa per la Chiesa? - ha spiegato in conferenza stampa l'arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro - Se il Papa sta venendo qui è perché prende atto che c’è una storia che inizia da lontano. È una storia che dobbiamo accettare anche come nostra. Se si vuole cambiare il mondo, bisogna ripartire dagli ultimi e noi che siamo gli ultimi della fila dimostriamo che si può lanciare un messaggio a tutti quanti”.
Un messaggio di dialogo che non è sfuggito neanche a Marco Pannella. Secondo il leader radicale, “bisognerebbe mandare una tessera d'onore a Papa Francesco, per la sua scelta di andare a Lampedusa”, condividendo così una delle battaglie radicali che da anni hanno portato a una lunga “egemonia culturale” nel Paese.
“Basti pensare alla vittoria sul primo dei nostri obiettivi: la giurisdizione transnazionale, la Corte Penale Internazionale – ha dichiarato Pannella - Siamo andati sul campo, nella ex Jusgoslavia, o nell’ex Africa belga, a chiedere i tribunali ad hoc sui crimini. E, avendo concorso ad elaborare un senso diverso del diritto, e quindi della giurisdizione, abbiamo avuto la nascita della Corte Penale Internazionale”. (F.U.)
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