Il Tribunale di Milano ha condannato in primo grado il direttore di Panorama, Giorgio Mulé, a 8 mesi di reclusione per omesso controllo in un processo con al centro una presunta diffamazione ai danni del procuratore di Palermo, Francesco Messineo, in relazione ad un articolo del 2009 pubblicato sul settimanale. L’autore dell’articolo incriminato, Andrea Marcenaro, è stato condannato ad un anno di reclusione, così come il giornalista che aveva collaborato alla stesura dell’articolo, Riccardo Arena.
Nell’articolo, dal titolo “Ridateci Caselli”, Marcenaro aveva parlato di divisioni all’interno della procura sottolineando l’imbarazzo prodotto da una parentela di Francesco Messineo, procuratore capo di Palermo, cioè quella con Sergio Maria Sacco, imprenditore più volte indagato per i suoi presunti legami con Cosa Nostra.
Sacco, infatti, è il fratello della moglie di Messineo, e proprio su questo Marcenaro aveva scritto: “Con Messineo, parlare di carisma è francamente improprio. Guai a toccarlo, intendiamoci. Se lo fai e rilevi, per esempio, la sua parentela a dir poco ingombrante con un imprenditore più volte al centro di indagini per mafia, è perché ‘si vuole fermare la procura di Palermo nel progredire di delicatissime indagini sulle relazioni esterne di Cosa nostra’”.
Una parentela che – fa notare giustamente oggi Panorama – “aveva attirato pure le attenzioni dei cronisti de La Stampa, de La Repubblica e del Corsera ben un anno prima del servizio che ha dedicato Panorama, ma che Messineo ha preferito non denunciare”.
E in effetti il 6 marzo 2009, molto prima dell’articolo di Panorama (datato 4 dicembre 2009), La Repubblica pubblicava un articolo dal titolo emblematico: “Il cognato del Procuratore è un uomo d’onore”. Nell’articolo si parlava di “una parentela scomoda, che potrebbe provocare grossi problemi nella gestione delle inchieste sul clan del boss Salvatore Lo Piccolo”, perché “Sacco è ‘organico’ a Cosa Nostra, un ‘uomo d' onore’ della famiglia di San Lorenzo e quindi di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio arrestati nei mesi scorsi dopo anni di latitanza”. L’articolo di Repubblica, inoltre, faceva notare che “la notizia del parente ‘scomodo’ del procuratore della Repubblica ormai circola in tutti gli ambienti giudiziari ed investigativi di Palermo”.
E che sia stato l’articolo di Repubblica a sollevare il polverone, lo dimostra la notizia per la quale subito dopo la pubblicazione dell’articolo i magistrati palermitani si schierarono al fianco del procuratore, affermando che “suscita perplessità ed inquietanti interrogativi tale improvvisa e concentrica attenzione mediatica”. Due giorni dopo, per di più, il Csm apriva un fascicolo per chiarire la questione.
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