Nella cattolica Italia non solo ci si sposa di meno, ma si preferisce sempre più il rito civile a quello religioso. E' quanto emerge dall'Annuario Statistico dell'Istat, secondo cui negli ultimi tra la popolazione italiana si assiste ad un calo progressivo della nuzialità: nel 2011 i matrimoni sono scesi dai 230.613 del 2009 e dai 217.700 del 2010 a quota 208.702, con un quoziente di nuzialità sceso in un anno dal 3,6 al 3,4 per mille.
Stando ai dati, inoltre, sono sempre più le coppie che scelgono di sposarsi con rito civile, passate dalle 79.000 del 2010 alle circa 83.000 del 2011. Un fenomeno riscontrabile soprattutto nel nord Italia: qui il matrimonio civile prevale con il 51,7% rispetto al 48,3% di quello religioso.
Al Sud, di contro, continua a prevalere un modello di tipo tradizionale: tra la popolazione meridionale la percentuale dei matrimoni celebrati in Chiesa è del 76,3% mentre al Centro è il 50,1% degli italiani a decidere di sposarsi con rito religioso.
Un ritratto della società civile italiana, quello che emerge dal rapporto dell'Istat, che secondo Monsignor Rino Fisichella, rappresenta “un campanello d'allarme che però dice anche altre cose”: “le unioni civili – spiega ad esempio l'arcivescovo – sono di più perché potrebbe trattarsi di un secondo matrimonio. Non potendo accedere ad una seconda unione in Chiesa ci si soposa in Municipio. Diverso, invece, quando il matrimonio civile è fatto come prima scelta”.
Per l'alto prelato, è necessario infatti “riportare al centro di tutto, anche della politica, la famiglia”: nonostante il differente approccio del Nord e del Sud a una cultura secolarista, se il settentrione “perdesse il rapporto tradizionale è come se perdesse per strada la sua stessa storia, al sua identità. Un taglio alle tradizioni – conclude Mons. Fisichella – non è mai cosa positiva”.
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