“La gente è pronta, il palazzo no”, dice il radicale Marco Cappato nel giorno in cui si auto-denuncia insieme con Mina Welby e Gustavo Fraticelli per un atto disobbedienza civile, grazie al quale Dominique Velati ha potuto recarsi in Svizzera, con viaggio pagato fino a Berna, e ottenere il 15 dicembre scorso il suicidio assistito .
A nove anni dal caso Welby, i radicali così proseguono la lunga ed estenuante battaglia di libertà sul tema del fine vita. Con Welby si trattò di lottare per il diritto costituzionale a sospende le terapie ai malati terminali tenuti in vita con metodi artificiali. Ma per le persone che non sono collegate a una macchina, come nel caso di Velati, dice Cappato, “serve un aiuto medico attivo”. Per questo si chiede “al Parlamento di adempiere all’obbligo costituzionale di discutere finalmente la legge di iniziativa popolare per l’eutanasia e il testamento biologico” depositata oltre due anni fa.
Per sensibilizzare il legislatore, attraverso il sito S.O.S. Eutanasia, i radicali proseguiranno la disobbedienza civile, aiutando economicamente “le persone che lo richiederanno fino a quando il parlamento non si assumerà le responsabilità delle proprie scelte”. Questo nella consapevolezza “che le leggi italiane prevedono fino a 12 anni di carcere”. ''Sono circa 90 le richieste ricevute nelle ultime settimane - sottolinea l'esponete radicale - da parte di cittadini malati terminali che chiedono un aiuto per ottenere l'eutanasia in Svizzera''.
Oggi – ricorda sempre Cappato, intervistato dal Fatto quotidiano a margine della conferenza stampa di autodenuncia - in Italia oltre un migliaio di malati terminali si suicida nelle condizioni più terribili, poi c’è l’eutanasia clandestina" e i casi innumerevoli di accanimento terapeutico. "Non è una condizione che può continuare, la politica preferisce non discuterne per interessi propri e giochi di potere, ma i cittadini sono pronti: lo dicono tutti i sondaggi”.
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