Sarà l’anno dei populismi in Europa? Se lo chiedeva in un editoriale di inizio anno sul Sole24Ore Luca Ricolfi, descrivendo gli scenari plausibili, dopo un anno sull’onda anomala del 2016 che ci ha portato la Brexit e l’ascesa di Donald Trump in America.
All’indomani della vittoria di Macron in Francia si fa già da più parti il punto della situazione, registrando i segnali di controtendenza già avuti anche in Austria, Germania e Olanda.
C’è chi sostiene che la frenata possa essere figlia della prova dei primi fatti. Lo ha fatto Federico Rampini secondo il quale “lo spettacolo dei primi 100 giorni di Trump, pur galvanizzando alcuni dei suoi elettori (che erano comunque in minoranza l'8 novembre) ha di certo spaventato molti altri: l'incompetenza, l'improvvisazione, i primi rovesci subiti, tutto ciò ha fatto uscire i populismi dalla realtà virtuale e li ha resi terribilmente concreti”.
Ma guai a gridare vittoria: il populismo non è sconfitto, perché - scrive oggi Aldo Cazzullo su Corriere della Sera - “Le ragioni del grande malessere che hanno fatto nascere i populismi sono ancora tutte lì, intatte”. E il Paese dove questi “possono trovare la loro rivincita è proprio l’Italia”, perché il terreno sembra essere più fertile, come sottolineava Geppi Rippa in Maledetta Politica il 1 aprile scorso, nel corso di una più articolata analisi del fenomeno che qui rimandiano.
- Maledetta Politica: Populismo in Italia il terreno più fertile (VIDEO)