di Cesare Zapperi (Corriere.it)
«Abbiamo assistito ad un vociare disordinato con punte di volgarità insopportabili. Forse è il contrappasso sguaiato a 20 anni di silenzio totale sui diritti civili, meritorie eccezioni a parte e quasi tutte legate alla famiglia radicale». Emma Bonino era lontana dall’Italia quando il Senato ha approvato, tra canguri mancati e scambi di insulti, la legge sulle unioni civili. Ma non è solo per lo spettacolo che si è evitata che non nasconde un certo fastidio.
Cos’è che non la convince?
«È stato fatto un passo avanti, una tardiva presa d’atto della realtà. Come non ricordare i Dico del 2007? Mentre il Parlamento si perdeva in giochini inenarrabili il Paese è andato avanti. Anzi, dirò di più: gli italiani hanno interiorizzato la cultura del “mi arrangio da solo”. Come se non si aspettassero più nulla dalle istituzioni… ».
Nel 2007, lo ha ricordato lei, non se ne fece nulla. Stavolta cosa è cambiato?
«I tempi erano così maturi… Vedo che c’è ancora chi si ostina a combattere una battaglia in difesa solo della famiglia tradizionale, che a ben vedere nessuno sa più definire esattamente».
C’è stato perfino un nuovo Family Day, per la verità.
«Io ho visto due manifestazioni. In una lo slogan era: siamo una famiglia anche noi. Nell’altra, invece, era: la famiglia siamo solo noi. La cultura proibizionista non muore mai, anche ora che non c’è più l’alibi della Chiesa».
Ma il cardinal Bagnasco si è fatto sentire.
«Sì, ma l’interventismo del passato era ben altra cosa. E comunque è sempre uscito sconfitto».
Le ritornano in mente le antiche battaglie per il divorzio, l’aborto…
«Sì, ho visto tornare a galla parole d’ordine di trent’anni fa. In realtà di fronte a problemi sociali nuovi o complessi ci sono due strade possibili: regolamentare o proibire. E in Italia si tende a scegliere sempre la seconda. Che poi il proibizionismo non funzioni, e anzi dia luogo a fenomeni come costosi turismi sanitari o altro, sembra non interessare a nessuno, meno che mai al legislatore. La differenza è lampante. Da una parte chi si sforza di regolamentare, scegliendo una strada forse più complessa ma efficace. Dall’altra, chi risponde con il proibizionismo velleitario. Infatti i radicali presentano con l’associazione Luca Coscioni una proposta di regolamentazione della maternità per terzi, attingendo alle pratiche ed esperienze di altri paesi, evitando il più possibile lo sfruttamento. Altri si apprestano a farne un reato addirittura mondiale».
I decenni sono passati invano, allora?
«In effetti rispetto ad una cultura legislativa liberale e rispettosa delle scelte di vita dei cittadini è davvero cambiato poco. L’eventuale “io non lo farei” diventa automaticamente “nessuno lo deve fare”, magari rafforzato da una serie di volgari falsità, come era emerso anche in occasione della drammatica vicenda di Eluana Englaro. C’è veramente da augurarsi adesso che riprende il dibattito in Parlamento su testamento biologico e eutanasia, anche in questo caso dopo tanti anni, la politica sappia esprimersi in modo più rispettoso rispetto ai tanti drammi umani che tutti conosciamo».
Non si spengono le polemiche sulla maternità surrogata.
«Su tutte le materie di scelta di vita penso che debba prevalere la scelta responsabile delle persone. Io sono per una legge che regolamenti la gravidanza per terzi. L’associazione Luca Coscioni ha pronta una proposta di legge. Qui si tratta di stabilire regole, non di inventare nuovi reati. L’automatico furore proibizionista non solo non funzionerà, ma provocherà altri guai. Come dimostra tutta la storia dei proibizionismi dalla cannabis al divieto di procreazione assistita. Di fronte alle scelte delle persone bisogna avere rispetto».
Nel mirino c’è Nichi Vendola.
«La contestualità del dibattito parlamentare con la nascita del figlio ha fatto assumere alla vicenda un rilievo eccessivo. E anche in questo caso, mi duole ripetermi, c’è chi ha dato fondo a tutta la sua volgarità. Una signora in contatto con l’associazione Coscioni ha chiesto un giorno: ma se è lecito donare un rene perché non posso prestare l’utero a mia figlia?».
Nessuno scandalo, insomma, anche se pure tra alcune femministe storiche sono volate parole di condanna.
«Ho molti amici, omosessuali e no, che hanno cercato e cercano di avere un figlio in questo modo. Alcuni si possono sentire a disagio o disapprovare. Ma da qui a farlo divenire reato mondiale davvero ce ne corre…».
- «Utero in affitto, il proibizionismo è perdente: subito una legge». Intervista a Emma Bonino (corriere.it)