di Antonello Anzani
Brutte notizie, un carnet in continuo aggiornamento.
Alle svariate guerre in corso, alle repressioni seguite da rivolte popolari, alle catastrofi naturali che continuamente incombono sull’umanità, si è unito un altro, ennesimo disastro.
Le spiagge della nostra costa sono, ancora una volta, scenari di un film dell’orrore. Persone sofferenti e spaventate, in cerca di una nuova possibilità, hanno provato a fuggire da quei luoghi in cui macerie e morti si somigliano.
Ciò che hanno trovato è stato un blocco di sabbia e di indifferenza. E così sono morte due volte, uccise dal mare prima e dall’odio strisciante poi. Su quella spiaggia, oltre a quel barcone, è naufragata l’Umanità. Di nuovo.
Sono giorni di sensi di colpa, di dolore, di riflessioni che sfuggono al metro della razionalità, al pensiero corretto e si avventurano nei sentieri delle emozioni.
Il mondo. Non quello geografico ma metaforico. Tondo o piatto che sia non importa, è sempre pauroso: rappresenta cosa siamo noi che lo abitiamo. Noi, esseri fragili su questo sasso insignificante nell’universo, un agglomerato di lava e acqua in crosta di ozono. La nostra temporanea residenza fino ad estinzione avvenuta. Scrivendo al computer, per un refuso, non ho inserito lo spazio tra “il” e “mondo”: ne è venuto fuori “immondo”. Anche il correttore lo sa.
Nei secoli, questo mondo è andato avanti per continui aggiornamenti. Upgrade dopo upgrade, in tempi accettabili. Poi d’improvviso tutto è diventato più veloce e, complice l’allungamento della vita, la stessa generazione ha vissuto più aggiornamenti; tanti da non reggerli tutti. L’hardware, l’uomo, in questi casi cede essendo emotivamente, intellettualmente e culturalmente obsoleto.
In questo modo, piano piano, si è formata una frattura tra Vecchio e Nuovo Mondo: la distanza che continua ad allargarsi, accrescendo anche la difficoltà non solo a parlarsi ma a comprendersi.
Non so quanto del Vecchio mondo vorrei salvare e quanto apprezzo del Nuovo Mondo, ma ha poca importanza. Devo adattarmi e adeguarmi al cambiamento.
Non mi sento Hiroo Onoda, incapace di accettare la realtà per sgradevole che sia, restando caparbiamente in una giungla tropicale a combattere per difendere ciò che già non esiste più (che cioè la seconda guerra mondiale fosse finita… ndr). Quanto può durare e dove può portare?
Finora, solo su una spiaggia a piangere bambini morti per orgoglio suprematista e nazionalista. E sotto un bombardamento a raccogliere cadaveri di bambini, sempre loro, per desiderio di potere di qualcuno. E in una piazza lastricata dai capelli di donne, sacrificate sull’altare dell’odio.
A saltare su una mina abbandonata, ad essere centrato da un missile mentre sei in casa tua esule nella tua terra perché nessuno accetta che tu la abiti, la tua terra. Ad avere un mondo fatto di orrore, odio, violenza, sopraffazione.
L’abbiamo visto ogni giorno e ogni giorno continuiamo a vederlo, in molte forme. È questo il Vecchio Mondo che conosciamo e sappiamo.
Voglio cedere alla speranza che non è provvidenza, non è ottimismo: è fatica, sudore per ottenere qualcosa di diverso, di umano. Non tutto del Nuovo Mondo comprendo e mi piace. È il mondo di domani, che forse può fare a meno di me. In fondo, nessuno è indispensabile. Si dice, ma può accadere all’improvviso che qualcuno lo diventi. Voglio capire, partendo da questo dubbio, come fare del mio meglio.
Servono mille anni e mille persone eccellenti per fare un solo passo avanti verso una Civiltà. Ne bastano quattro, sei perché qualche coglione li cancelli, facendola rimbalzare all’indietro.
Eppure, nonostante la stupidità umana, il mondo procede e io con lei.
In biologia non sopravvive il migliore in senso assoluto, ma il migliore per capacità di adattamento. Come dire che l’evoluzione è una faccenda di culo, e non di competenze o amicizie. Capita poi, nel tempo, un evento con effetti rilevanti e col senno di poi considerato prevedibile. Un nuovo Cigno Nero.