di Raffaele Avallone
Luigi Rintallo, riferendosi al mio articolo pubblicato su Agenzia Radicale del 17 agosto: “Ma questo referendum è legittimo?” pur riconoscendo che le distorsioni della legge elettorale hanno consentito ai partiti della maggioranza di ottenere più seggi di quelli ad essi spettanti in base ai voti ottenuti nelle elezioni politiche del 2018 e che pertanto la maggioranza che ha votato la legge per la riduzione dei parlamentari non corrisponde alla maggioranza degli italiani, giunge alla conclusione che il referendum sarebbe comunque “politicamente legittimo”.
Anzi, aggiunge che proprio l’anomalia sopra evidenziata renderebbe a maggior ragione “necessario consultare il popolo” che avrebbe così la possibilità di confermare o respingere la legge, con ciò sostanzialmente sanando ogni vizio.
Quando Luigi Rintallo afferma che il referendum è “politicamente legittimo” sceglie dunque un approccio di tipo politico, trascurando la problematica, tutta giuridica, da me sollevata e di fatto introduce nella nostra Costituzione una sorta di referendum deliberativo che non è previsto nel nostro ordinamento. Sarebbe poi, sempre a mio modesto avviso, ininfluente il fatto che i cittadini potrebbero attraverso il referendum confermare o meno la legge sottoposta al loro giudizio.
Ed infatti ciò che qui interessa stabilire è se, a monte, poteva nel nostro caso attivarsi la procedura ex art 138 per una legge di riforma della Costituzione approvata dai parlamentari che non rappresentano affatto la maggioranza, ma la minoranza degli italiani, e ciò a causa delle distorsioni create da una legge elettorale che è diversa da quella proporzionale pura vigente al momento dell’approvazione dell’art. 138 della Costituzione e fino al 1993
Naturalmente quando parlo di illegittimità non intendo affatto riferirmi all’art. 138 della Costituzione, essa stessa norma costituzionale. Così come non mi sfugge che l’attuale legge elettorale (come del resto le precedenti di tipo maggioritario) ha superato il vaglio della Corte Costituzionale e quindi è pienamente legittima.
No. L’illegittimità di cui parlo risiede evidentemente in una supposizione non giustificata dallo stato dei fatti sopra esaminati, ovvero, in una deduzione (referendum) che stride con la premessa (approvazione della legge costituzionale non da parte della maggioranza ma della minoranza effettiva degli elettori).
A meno che non si voglia più definire confermativo ma deliberativo (almeno in questo caso) il referendum previsto dall’art. 138, in ciò confortati dal fatto che il termine “confermativo” non si rinviene nella norma costituzionale (ma sappiamo che i nostri costituenti hanno sempre evitato di dare definizioni precise), essendo solo espressione universalmente accettata dai media e non solo da essi.
Ma allora, se così è, se il referendum è cioè davvero deliberativo, dobbiamo anche ammettere che non è vero che il nostro ordinamento non prevede questo tipo di referendum, perché nel nostro caso, considerato il mutare della legge elettorale, almeno dal 1993 ad oggi, esso avrebbe trovato legittimazione proprio nell’art. 138 della Costituzione.
Circostanza questa che deve essere evidentemente sfuggita ai più, a cominciare dagli studiosi per finire ai cittadini, i quali avrebbero dovuto essere informati, in passato come oggi, del loro inedito ruolo “legislativo”, in quanto portatori di autonome e dirette iniziative di legge, e non come chiamati semplicemente a confermare una legge già confezionata ed approvata.
Il che, però, aprirebbe nuovi scenari.
Ed infatti, se davvero fossero i cittadini a deliberare, allora dovrebbero essere loro e non altri a decidere se e in che misura ridurre il numero dei parlamentarie non essere invece costretti a recepire, come nel nostro caso, proposte confezionate da altri che per giunta non rappresentano nemmeno la maggioranzadei cittadini.
Non solo, ma per essere approvato il referendum dovrebbe ottenere la maggioranza dei voti espressi dalla maggioranza degli elettori, esattamente come avviene per quello abrogativo previsto dall’art.75 della Costituzione, non potendo evidentemente più bastare una qualsiasi maggioranza (teoricamente anche un solo voto) per approvare la legge, senza necessità di raggiungere alcun quorum, come prevede invece l’art. 138.
Insomma, delle due l’una: o questo referendum è confermativo o è deliberativo: tertium non datur. Ma se abbiamo difficoltà a considerarlo confermativo, allora dovremmo avere ancora maggiori difficoltà a consideralo deliberativo. E quindi il problema dell’illegittimità non solo rimarrebbe, ma si aggraverebbe.