di Mauro Mellini
Le vicende dei primi passi del Governo Conte bis sono tali da far dimenticare, se non giustificare o mettere in secondo piano, quella che è stata la causa della crisi del Conte n. 1 ed il carattere addirittura comico della trappola costruita da Salvini che ha finito per scattare in suo danno.
È inutile ricordare ciò che è stato detto, scritto e ripetuto fino alla noia. Salvini, per la fretta di arrivare ad elezioni anticipate che si prospettavano (e, pare, si prospetterebbero tuttora) a lui favorevoli, ha dimenticato di considerare le soluzioni alternative che la sua defezione avrebbe lasciato aperte ai Cinquestelle ed in particolare l’alleanza con il P.D., che non era affatto del tutto impensabile e contro la quale Salvini non aveva carte da giocare.
Carte da giocare contro la nuova formazione maggioritaria le aveva però Renzi, il vero “deus ex machina” di tutta la vicenda. Ma, allo stesso tempo il protagonista di una trappola ancor più vistosa ed indecente, questa volta tesa contro il P.D., i suoi dirigenti, i suoi ministri, il suo non lungimirante Segretario (il fratello del Commissario Montalbano). E, vorrei e dovrei aggiungere, proprio perché la cosa nessuno pare voglia ricordarla, contro lo stesso Capo dello Stato, cui è stato surrettiziamente (nascondendo una secessione già evidentemente decisa) sottratto un aspetto assai rilevante della situazione politica di cui ha tenuto conto per risolvere la crisi.
Quello compiuto da Renzi è un atto sterile e contrario ad ogni buona regola di convivenza democratica. Per parlare chiaro: una mascalzonata.
Direi anche che beneficiario degli effetti della mascalzonata sia, senza averla voluta né certamente prevista, proprio Salvini. Il quale così potrà sbandierare di aver dovuto a tutti i costi scoperchiare in tempo la pentola che bolliva cuocendo veleni pericolosi.
Il Governo Conte bis, che oggi non sarebbe poi esagerato chiamarlo Conte ter, è un governo sotto ricatto, l’assicurazione di Renzi che non c’è da temere per la salvezza del governo Conte vale quanto e forse un po’ meno, della lealtà dell’uomo: Nulla.
Mi sia consentito osservare che di fronte ad un comportamento del genere, che, anche se perpetrato a crisi di governo - e relative consultazioni ed esercizio delle relative funzioni presidenziali - già consumate (anzi, proprio per questo) non sarebbe stato certo impossibile e tutt’altro che inopportuno un rilievo, magari solo generico del Presidente Mattarella in ordine al dovere di lealtà e correttezza di partiti e di uomini politici d’ogni livello in occasione delle consultazioni per la crisi.
È vero che nessuna norma impedisce di fondare partiti nuovi e di proclamare scissioni in tali circostanze, ma la lealtà, la correttezza e la buona fede non sono regolate con regolette specifiche.
Detto tutto ciò è il caso di dover ricordare che non sarebbe strano ma, al contrario che sarà probabile che, un governo nato con tanti marchingegni, malgrado tanti insulti pregressi tra le forze oggi coalizzate (anche quelle rimaste tali) tra le quali sono già corsi rimbrotti, mezzi insulti e chiari dissensi, non appena il governo stesso comincerà a funzionare ed a confrontarsi con la realtà delle situazioni, dei bilanci e delle contrastanti interpretazioni, ed altre consimili burrasche, in difficoltà peggiori a quelle del Conte n. 1, lo si può dire già con certezza.
Aspettare che un altro Salvini faccia un passo falso o un Renzi (o qualche suo imitatore) faccia un ricatto troppo pesante sarebbe non un errore, ma una colpa gravissima. Compito e responsabilità del Capo dello Stato non è quello di tenere in piedi i governi e riunite le Camere a tutti i costi, compreso quello, magari, del ridicolo e dell’impudenza di chi ne profitta, né di assicurarsi che nuove elezioni giovino a chi più se lo merita, ma di compiere tempestivamente l’intervento chirurgico dello scioglimento delle Camere stesse.
Credo che gli Italiani abbiano già cominciato a capire che non possono essere governati decentemente da chi riceve il loro voto come una turpe parolaccia, un mandare a quel paese chi se lo merita o chi appaia che lo meriti.
Il governo, dunque, è formato. La crisi di quello precedente però non è ancora chiusa. È divenuta ancor più grave.
Mi sono spiegato, presidente Mattarella?
P.S. Tutto quanto sopra non mi impedisce di sentire il ridicolo di un addebito penale all’ente finanziatore di Renzi per il reato di “traffico di influenze”.
Un titolo di reato che sembra inventato apposta per violare il precetto costituzionale della specificità e chiarezza della fattispecie penale e della sentenza della Corte Costituzionale dell’8 agosto 1980 al riguardo.
Il “traffico di influenze” è certo qualcosa di losco. Ma pretendere di fare di tale espressione il titolo di reato è da somari, anche perché qui è tutto un trafficare di influenze e d’altro e la parola non basta a definire una condotta criminale.
Non è di questa considerazione che può essere fatta la resistenza alla sciagurata politica di Renzi.