«Non sono d’accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee», queste chiarissime espressioni di Voltaire sono le prime a venire in mente a proposito del disegno di legge per introdurre nell’ordinamento penale italiano il reato di negazionismo.
La fattispecie criminosa consisterebbe, infatti, nell’esprimere e divulgare con scritti ed altri strumenti d’informazione l’opinione che il genocidio degli ebrei, perpetrato in Europa dal regime nazista, sarebbe tutta una montatura. In sé, quelle posizioni e quelli scritti o sono smentite dalle risultanze documentali, o si rilevano espressione quanto meno di posizioni etico politiche aberranti.
Certamente dire, scrivere o divulgare, ad esempio, che gli ebrei concentrati nei campi sarebbero morti per un epidemia di tifo petecchiale, e i forni crematorî servirono per bruciare i cadaveri nel tentativo di fermare l’epidemia, contrasta con la struttura stessa di quei campi, conservatici per fare memoria dell’accaduto, e con un’infinità di materiale documentale.
La storiografia si fa con altri modi. Limare le cifre dell’olocausto lasciando intendere che numeri diversi, sia pure di zeri, diminuirebbero la gravità del crimine, è fraintendere il fondamento etico politico dei diritti degli esseri umani, che è una questione di qualità e di valore della vita e non di quantità di corpi macellati. Nessuna organizzazione è più preoccupata d’evitare rigurgiti antisemiti della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo che, nel 1922, fondò a Parigi la Fédération internationale des ligues des droits de l’Homme (FIDH) assieme alla Ligue des Droits de l’Homme et du Citoyen (LDH) francese, che per prima fu impegnata nel contrasto dell’antisemitismo all’epoca di Dreyfus; ma quale segretario generale della stessa non ritengo questo un buon motivo per infrangere la regola aurea liberale, secondo la quale gli esseri umani possono essere considerati penalmente responsabili per gli atti che compiono ma non per il pensiero e le opinioni che esprimono.
La legge in discussione infrange questo immortale principio, e quando fondamenti di tale portata vengono meno si apre la stura a qualunque conseguenza. Il fatto che questo reato d’opinione sia stato introdotto in altri Stati membri dell’Unione europea ed aderenti al Consiglio d’Europa, non è garanzia rassicurante di legittimità, ma un’allarmante segno dei tempi. Da laicista quale sono, potrei essere indotto a chiedere l’introduzione del reato di propaganda fondamentalista, e poi denunciare i sacerdoti che fanno campagna per l’obbiezione di coscienza dei ginecologi ospedalieri all’interruzione volontaria della gravidanza; si potrebbe introdurre una norma punitiva non di atti di omofobia, ma dell’opinione contraria all’omosessualità, e condannare un sessuologo che in un lavoro la considerasse una devianza. Da nipote di un garibaldino gradirei una sanzione contro il revisionismo storico antirisorgimentale.
Reintrodurre una fattispecie di reato d’opinione di fatto abroga la libertà di pensiero, quando questa intacchi il politicamente corretto. In fondo, l’inquisizione cattolica romana, per qualche secolo, ha consegnato al braccio secolare, per il rogo, i liberi pensatori teologicamente scorretti. Furono i secoli durante i quali gli ebrei romani dovettero prostrarsi per mettere la testa sotto la pantofola del Papa, il quale si considerò il Gran Sacerdote del Verus Israel.
Possibile che la storia insegni così poco? Quanto all’opportunità, gli scrittori negazionisti sostengono tesi che una storiografia fondata sui documenti non può che rilevare opera di ridicoli autori di testi squinternati. Occorre solo farne dei martiri del libero pensiero per elargire loro dignità.
Riccardo Scarpa
(Segretario generale della L.I.D.U.)