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24/12/24 ore

La Chiesa di Santa Luciella a Napoli e il teschio con le orecchie. L’incredibile recupero e restauro della chiesa grazie all’associazione Respiriamo Arte



di Giulia Anzani

 

Napoli, la città di Partenope. La città dai mille colori e mille sapori, come cantava Pino Daniele. Un groviglio di vicoli e storia, fascino e profumi. 

 

È proprio vagando per le strade strette di Napoli che mi sono imbattuta in Santa Luciella. Una chiesa piccola ma ben segnalata: il cartello annuncia che, facendo il tour della chiesa, sarà possibile vedere il teschio con le orecchie. Sono, com’è ovvio, catturata da questa strana definizione, così decido di entrare proprio quando il tour guidato sta per partire.

 

Nella piccola chiesa, c’è una preparatissima ragazza, Carolina, che spiega la storia del posto a noi visitatori: “La chiesa venne fondata nel 1327 da Bartolomeo di Capua, ed è da subito dedicata a Santa Lucia. Prende il nome di Luciella per le dimensioni ridotte della struttura”. 

 

Addirittura all’inizio”, spiega, “era ancora più piccola di come possiamo vederla oggi. Verrà infatti ingrandita nel corso dei secoli, tra il ‘600 e il ‘700, quando arriverà la corporazione dei pipernieri, lavoratori di una pietra lavica - il piperno, appunto - che caratterizza tutta la città, soprattutto gli esterni delle case nobiliari del 500. I pipernieri, avevano bisogno di un luogo per potersi riunire e occorreva fosse piccolo, per una questione di accessibilità economica.

 

In più avevano un forte legame con Santa Lucia, protettrice della vista, che avrebbe preservato i loro occhi durante la lavorazione della pietra. I pipernieri erano una corporazione laica, ma avendo sede in una chiesa, avevano bisogno di diventare Arci Confraternita e, ovviamente, all’interno di questa avvenivano funzioni legate alla sepoltura dei confratelli. Viene infatti costruito il cimitero, utilizzato soprattutto a partire dalla seconda metà del 1700 come luogo per praticare il culto delle anime pezzentelle”.

 


 

Carolina continua nella sua affascinante spiegazione, mentre scendiamo nei sotterranei. “Il culto dei morti, in particolare quello delle anime pezzentelle, sono molto sentiti a Napoli. Si pratica in tante chiese, il sito per eccellenza è il cimitero delle Fontanelle, nel quartiere Sanità”.

 

Nella cripta, ci sono quattro vasche colme di terra, svariati teschi (tra cui, come preannunciato, quello con le orecchie) sul cornicione, placchette dorate con diverse rappresentazioni attaccate ai muri. “Ogni teschio era preso in adozione, toccato, spolverato; si pregava per le loro anime affinché potessero raggiungere il paradiso e, contemporaneamente, in cambio si chiedeva qualcosa per se stessi. Gli ex voto esposti sulle pareti, sono frutto di donazioni di coloro che ricevevano la grazia richiesta. Il culto venne bloccato dalla chiesa nel 1969 perché ritenuto pagano: era considerato eccessivo il contatto che i fedeli avevano con il mondo dei morti, in senso letterale. Ma i napoletani sono sempre stati tanto legati a questa tradizione e questo divieto non è stato ascoltato al cento per cento”.

 

Avevo già notato delle ciotole da cui straboccavano biglietti di carta, e Carolina ci spiega che “oggi non sarebbe più possibile parlare al teschio, ma gli si può comunque lasciare un messaggio. È una tradizione che piace molto anche ai visitatori, anche quelli non legati alla religione, che decidono di affidare al teschio con le orecchie in particolare, i loro desideri e le loro speranze”.

 

Alla fine del tour, ho voglia di saperne di più. La chiesa di Santa Luciella, ha alle sue spalle quarant’anni di abbandono e degrado a seguito del terremoto in Irpinia e in Basilicata. L’opera di recupero e restauro della struttura, ci ha spiegato Carolina durante il giro, è merito dell’associazione Respiriamo Arte, fondata nel 2013 da Francesca Licata, Massimo Faella, Simona Trudi e Angela Rogliani. Ed è proprio Francesca a darmi le informazioni che mi mancavano: com’è nata l’idea di un’associazione con uno scopo così nobile e importante, come siano arrivati a Santa Luciella, quali sono i loro progetti futuri…

 


 

Trovammo un libro sulle bancarelle: Le chiese proibite di Napoli - dove per proibite s’intende chiuse -, un inserto del Mattino scritto dal giornalista Paolo Barbuto. Leggemmo la storia di Santa Luciella, del teschio con le orecchie e decidemmo di fondare l’associazione”, inizia.

 

Dopo la chiusura di Santa Luciella nell’80, il parroco tentò di rimetterla a nuovo ma ebbe problemi ad ottenere i fondi”, mi racconta. “Napoli, tanto tempo fa, non viveva il processo di valorizzazione che c’è oggi: chiudere una chiesa piccola, ma che ha un suo potenziale interesse artistico, non interessava a nessuno”.

 

L’associazione Respiriamo Arte, dunque, si attiva per trovare i fondi e mettere in sicurezza il posto, per poter iniziare a lavorare. “Ottenemmo il comodato d’uso nel 2016, e aprimmo al pubblico il 5 aprile 2019. Nel frattempo, prima dell’apertura di Santa Luciella, abbiamo fatto gavetta occupandoci della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, dedicato all’arte della seta: qui è avvenuto un recupero dei prodotti serici risalenti alla produzione napoletana”. Mi racconta che, quando si parla di lavorazione della seta, si tende a pensare a “san Leucio, la meravigliosa colonia nel casertano voluta da Ferdinando IV di Borbone nella seconda metà del 1700. Ma in realtà la produzione serica era già attiva sul territorio campano, e la corporazione dell’arte della seta è stata fondata a partire dalla seconda metà del 1400 per volere di Ferrante d’Aragona”.

 

Il lavoro svolto in quella chiesa”, continua Francesca, “ci ha dato la possibilità di farci conoscere sul territorio campano, di poter raccogliere dei fondi e di far riconoscere il nostro lavoro anche al Pio Monte della Misericordia che, ritenendo valido il nostro progetto, decise di farci una donazione da 35 mila euro”. Il lavoro creato per i giovani che uscivano dall’ambito dei beni culturali è immenso, grazie al bellissimo lavoro fatto dall’associazione. “Grazie a quei fondi abbiamo impermeabilizzato i tetti e riaperto il cimitero al pubblico… e da quel momento non ci siamo più fermati, se non nel periodo del covid, che purtroppo non ci ha permesso di festeggiare il primo anniversario dalla riapertura”.

 

 

Nonostante le difficoltà”, prosegue “abbiamo deciso d’investire nella nostra attività e nelle risorse umane: all’inizio, come ti dicevo, eravamo solo noi quattro soci fondatori; adesso siamo più di una decina di persone. Ora i nostri progetti continuano soprattutto per quanto riguarda il restauro della chiesa. Non abbiamo potuto fare tutto nell’immediato perché non avevamo i fondi necessari. Però, come ti ho detto, il Pio Monte ci ha aiutati moltissimo e abbiamo anche ottenuto un contatto con Latte Berna, che ha donato 20 mila euro che, ad oggi, sono fondamentali per il restauro della facciata della chiesa: speriamo di finire i lavori entro settembre”.

 

E mi racconta anche di altre collaborazioni, come quella con la ditta di Raffaele Sorrentino: la famiglia di marmorai da intere generazioni, ha donato il restauro dell’altare di 10 mila euro. Sopra l’altare c’è, inoltre, un’edicola votiva al cui interno risiede una statua dell’Immacolata Concezione, restaurata grazie alle donazioni dei visitatori.

 

All’apertura della chiesa facemmo una lotteria mettendo in palio due biglietti per la visione di uno spettacolo al teatro San Carlo, che ha appoggiato la nostra iniziativa donandoci i biglietti per il palchetto reale. In pochissimo tempo siamo riusciti a mettere insieme la somma necessaria per restaurare la statua”.

 

Mi spiega che i progetti “non sono legati soltanto al restauro della chiesa, ma sono anche di tipo sociale: sempre grazie al Pio Monte della Misericordia, abbiamo intrapreso un rapporto con Scintilla Onlus, un’associazione che accoglie ragazzi con diverse disabilità che in alcuni giorni della settimana lavorano con noi”.

 


 

Un forte segnale d’inclusione e apertura verso il prossimo. Ed è grazie al loro modus operandi che “a fine luglio siamo stati nominati Gesto Concreto, il primo a Napoli. Si tratta di un riconoscimento importantissimo da parte del Progetto Policoro Nazionale, e abbiamo ricevuto la visita dell’Arcivescovo di Napoli, Don Mimmo Battaglia. Questo è stato possibile grazie al nostro buon esempio, ai nostri gesti concreti, per l’appunto: abbiamo valorizzato una chiesa - struttura che potrebbe avere altre funzioni, anzi nasce per altre funzioni - attraverso un gruppo di giovani laureati nel settore, deciso a far sì che il luogo diventasse opportunità di lavoro”.

 

Insomma, riaprire un posto come la chiesa di Santa Luciella, non è solo valorizzazione del territorio napoletano, ma anche della giovane forza lavoro partenopea.

 

La cosa meravigliosa del lavorare in posti come Santa Luciella”, conclude, “è il recupero del culto e del pensiero che i miracoli ancora esistono”.

 

 

 (La prima, seconda e sesta foto sono di Raimondo Fiorenza)

 

 


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