All’Art Basel Miami Beach è stata sostituita Comedian, ovvero la banana di Maurizio Cattelan del valore di centoventimila dollari, prima del previsto: l’artista georgiano-americano David Datuna (Tblisi, 1974) se l’è infatti mangiata nel corso di una performance.
«Il mio è un gesto d’artista - ha detto - si chiama “Hungry Artist”». “Arte nell’arte: doppia arte a grandi livelli per una banana di mediocre qualità, relativamente piccola, attaccata con un nastro adesivo grigio metallizzato a mo’ di X su una parete bianca, è la nuova trovata di un noto provocatore dell’arte contemporanea, Maurizio Cattelan che intende dimostrare il disvalore dell’arte.
Che lo dica proprio chi ne calpesta i presupposti spacciando ogni offesa al comune buon senso per poi propinarla come arte è, quanto meno, una grande presa in giro, ma proprio per questo cerchiamo di capire come si può arrivare a sforare certi limiti, gesti inutili per chi non è un Cattelan, ma se ci fosse uno qualunque dei giovani artisti desideroso di uscire dall’oblio e se solo ci provasse, con una banana o altro, non se lo filerebbe nessuno.
Eppure non stiamo nemmeno nel campo delle novità: i riferimenti a quello che è stato il ready made di duchampiana memoria o alle bizzarrie di Manzoni sopraggiungono alla memoria di tutti …
Effettivamente ci troviamo di fronte a un fenomeno d’ingegneria artistica, dove un apparato di figure rilevanti nel campo dell’arte progetta “casi estremi”, capricci che non solo sono tali per loro aberrante natura, ma per giunta riescono efficacemente spettacolari per una pianificata strategia tattica di marketing collusa con i media e con un ambiguo “mondo” dell’arte, esageratamente sensibile a questo tipo di produzione artistica.
Questi potentati dell’arte sfidando sospetti e avversità, al contempo infischiandosene, proprio perché sono tra quelli che ne controllano l’andamento a livello internazionale con influenze che vanno ben oltre l’ambito culturale, propongono quello che più gli piace, basta che “il caso artistico” suscitato si traduca in moneta, cioè in quelle quotazioni di cui loro stessi controllano gli andamenti.
Il risultato di questa e altre operazioni simili è che i prezzi delle opere artistiche stanno ormai raggiungendo quotazioni talmente alte che tutti i gruppi economici più potenti investono in arte, compresi gli anticapitalistici paesi comunisti, Cina in testa.
Un vero paradosso se si pensa che anche nei paesi capitalisti gli operatori del mondo dell’arte sono tutti di sinistra (come diceva Giorgio Gaber) e che spesso li troviamo in prima linea con personaggi in odore di terrorismo o li incontriamo tra i sostenitori delle politiche più intransigenti ed estremiste, se non platealmente in voga, come gli sperticati ammiratori di Greta Thunberg, altra vera e propria Comedian, per usare il termine con cui è stata battezzata la banana di Cattelan.
Ultimamente seguo con molta attenzione gli Amarcord di Giancarlo Politi di Flash Art, la storica e prestigiosa rivista d’arte, la più nota a livello internazionale che abbiamo. Confesso che vorrei dare contro a Giancarlo Politi perché è molto a favore delle kermesse internazionali dove la compravendita “fa” le opere d’arte che contano, ma allo stesso tempo riconosco che ha tremendamente ragione.
Oggi, ma già da diversi decenni, il pensiero dell’arte è sempre più irrilevante, le teorie che abbiamo sono confinabili a singoli episodi che successivamente si lasciano scavalcare da altri piccoli episodi senza nessuna precisa concatenazione, si va dal concettuale alla street art, dall’informale alla fotografia, dalla performance all’installazione …
Senza voler fare una nuova storia dell’arte, dico in breve che ci troviamo di fronte a quello che Giancarlo Politi sostiene da tempo, cioè che un’opera d’arte è importante se la sua quotazione è alta, se trova un pubblico di compratori disposto a pagarla, e che tutto il resto proprio perché non vale niente può essere ignorato come se non fosse arte.
Ho espresso forse in maniera grossolana quello che dice Giancarlo Politi, ma oggi gli artisti di riferimento del mondo dell’arte sono quelli che valgono di più nelle aste e nei caveau delle banche, e provare a smentire tale realtà è molto difficile.
Il Rinascimento è stato suffragato dalla storia, dai cambiamenti sociali e da un’esplosione di pensiero filosofico e scientifico enorme. L’arte rinascimentale poggiava su solide basi, non era soltanto quadri e sculture. Oggi, viceversa, abbiamo un’enorme produzione di opere artistiche di gran lunga superiore in termini numerici a quella che avveniva in passato, ma suffragate da piccole teorie che spesso sono più elucubrazioni teoriche che altro.
Non abbiamo filosofi nel senso che non abbiamo la conoscenza, fine principale della filosofia. Si rincorrono i tempi, ci si trova ripetutamente indietro rispetto ai mutamenti sociali, costantemente ci si sorprende di quello che accade, la politica è forse l’esempio più eclatante …
Il “non luogo” di Marc Augé, anche se ci parla della surmodernità dopo un secolo di International style, correntearchitettonica che ha fatto sembrare tutte uguali le città del mondo, non è poi tutta questa grande rivelazione.
Stessa cosa si può dire di un altro filosofo di grande successo come Zygmunt Bauman, che, sì, ci ha illuminato sulla “società liquida” con una bella formula di successo che altro non è che una costatazione di fatto di quello che abbiamo intorno, una sintesi molto calzante per definire la nostra condizione, ma sarebbe meglio che qualche filosofo sapesse fare un discorso complessivo che possa darci la chiave per spiegare come si sviluppano i fenomeni sociali, e quindi non solo costatarne la criticità, ma anche avere padronanza delle sue molteplicità, al fine di creare un tipo di approccio per articolare le sue particolarità e meglio operare nelle complessità.
Questo ci darebbe la misura necessaria di quello che è il tempo reale che scandisce tutte le nostre operazioni, la possibilità di una visione che ci dia la capacità pratica di portare avanti le cose, cioè conseguire quello che ci serve e che non abbiamo …
Insomma siamo costantemente indietro con il pensiero filosofico, mentre tutto il resto procede sempre più speditamente sino a travolgerci e a farci esclamare continuamente stupore e sorpresa.
È riconosciuto da tutti che le nostre manifestazioni sono una risulta del mercato, e l’arte non poteva essere certo da meno. L’assurdo è che chi ci dovrebbe condurre in questi ambiti è tutta gente politicamente nemica di quello che fa e dell’ambito in cui opera. Sono anticapitalisti che operano nel mercato dell’arte.
La politicamente schierata Prada è al contempo il più potente baluardo finanziario dell’arte … Forse una banana, intesa anche nel suo senso metaforico, è drammaticamente una possibile rappresentazione di quello che sono i tempi che corrono.