di Giuliano Ferrara
(da Il Foglio)
Lo studente pro Hamas è una strana bestia. Giudicarlo è facile, che sia un torinese o un newyorchese, che sia un giovane comune dei nostri o un ricco frequentatore delle rette impossibili delle università americane, forte della solidarietà delle celebrities come la sciocca Susan Sarandon e di qualche ebreo ricco e disinteressato al destino di Israele.
Sta con, i predoni e gli stupratori e i rapitori del 7 ottobre. Sta con i costruttori di tunnel, nuovi bunker hitleriani per organizzare lo sterminio degli ebrei.
Con quelli che hanno bombardato Israele per quindici anni, mentre sottomettevano con violenza anche solo la parvenza delle donne di Gaza, cercavano di educare alla barbarie nazional-islamista i bambini di cui poi si faranno scudo ammazzandoli per ottenere vantaggi promozionali nel mondo occidentale, uccidevano gli omosessuali alla stregua delle spie, invadevano ospedali e moschee e scuole in attesa di usarle per la guerra contro la "rappresaglia" che poi è una azione popolare e nazionale ebraica di autodifesa.
Non so la storia, che interessa fino a un certo punto chi l'abbia sperimentata con stupore e orrore perfino in questi lunghi anni di relativa pace e di riduzione della povertà mondiale, non so se stia, lo studente pro Hamas, dalla parte sbagliata della storia, come i fascisti repubblichini sconfitti dagli angloamericani, dalla brigata ebraica, dai partigiani il 25 aprile del 1945.
Sta semplicemente dalla parte sbagliata, per ragioni sbagliate, con conseguenze nefaste, ma sia detto senza enfasi retorica. Un poco appena meno facile è comprenderlo, prima del giudizio sommario indiscutibilmente chiaro.
Direi che lo studente pro Hamas è uno che si odia. Per quella cultura che deriva dall'ignoranza, si detesta. Ha frequentato corsi di antirazzismo, anticolonialismo, antispecismo, antiumanesimo ecologista, vive immerso in un brodo genderista, fanatico e bollente, dove sono maltrattati Shakespeare e altri geni del canone, e saranno e sono censurati ben altri scrittori che il nostro bravo Toni; pensa l'occidente come il luogo della vittimizzazione del diverso, della grande carneficina ai danni del povero, dell'escluso, e difende come un safe space, un luogo sicuro, perfino ormai l'antisemitismo modello Columbia University (povero Cristoforo Colombo che incocciò nella grande America sei secoli fa e non sapeva che guaio, oltre a che gloria, ne sarebbe venuto, anche per la sua memoria, da quella inconsapevole scoperta).
Come ha notato Francesco Merlo nella sua bella rubrica delle lettere su Repubblica, lo studente pro Hamas è l'opposto simmetrico, incomponibile, dello studente del 1968. Ok boomer: quello lì.
Noi amavamo il nostro mondo, e volevamo entrarci senza tante storie ma con rispetto per la storia come la vedeva Marc Bloch, un fucilato del 1944 che andrebbe ricordato agli studenti pro Hamas, ebreo partigiano e dotto, che sono sinonimi.
Sapevamo oscuramente che "il machismo è un prodotto delle società matriarcali" come scrisse un ispirato García Marquez a Rossana Rossanda in una lettera ripubblicata in occasione del centenario della nascita di quella severa stilista del comunismo, donna proba e intelligente, per carità, quando non parlava della Rivoluzione culturale cinese e della "ribellione" di Mao (strana assenza nel quaderno del manifesto che oggi la ricorda, la scomparsa della Chine de Maò).
Dunque ce l'avevamo su con padri e madri, patrie e matrie, ma non con gli ebrei.
E, per quanto violenti a tratti, coraggiosi e vili intelligenti e stupidissimi, debosciati e integri, sentimentali e cinici, eravamo molto meglio o molto peggio, ma l'apposto, di quella strana bestia che è lo studente pro Hamas.
(da Il Foglio del 25 aprile 2024)