Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

22/12/24 ore

Il magistrato non combatte le ingiustizie



di Iuri Maria Prado (da Il Dubbio)

 

L’altro giorno, alla presentazione del “Bilancio di responsabilità sociale 2018 degli uffici giudiziari milanesi”, il capo della Procura della Repubblica di Milano, Francesco Greco, ha detto che il suo ufficio è impegnato a combattere il “circolo vizioso” determinato dalla corruzione internazionale, una pratica “che ha sostenuto regimi corrotti e dittatoriali”e “che incide direttamente o indirettamente sulla popolazione dei Paesi coinvolti”.

 

Il fatto che il dottore Greco abbia avuto cura di precisare che in questo impegno combattente la Procura si esercita “nell’ambito delle proprie competenze” non cambia il significato profondo delle sue dichiarazioni: ancora una volta, l’idea che al magistrato stia il compito di rimediare alle ingiustizie sociali.Pericolosissima idea, anche se coltivata in buona fede.

 

Perché non sta in nessun modo al magistrato di rimettere in riga le società corrotte,mentre proprio questo intendimento, l’intendimento di far “giustizia sociale”,significativamente determina l’uso di quel verbo incongruo: “combattere”.

 

Il netturbino che meritoriamente pulisce le strade di una periferia degradata non pensa di combattere l’ingiustizia sociale perché garantisce anche ai poveri il decoro assicurato ai ricchi: e non lo pensa perché non si intesta una missione che non ha.

 

Se lo pensasse, potrebbe peraltro ritenere che per ricondurre a equità la faccenda potrebbe smettere di pulire le vie dei benestanti. E peggio per chi non capisce come l’esempio sia adattissimo a illustrare i pericoli implicati nella convinzione che un processo sia il luogo in cui si celebrano i riti del miglioramento sociale.

 

Il netturbino non “è” pulizia: pulisce, bene o male. E il magistrato non “è” giustizia: la amministra, bene o male. Ma come può amministrarla male, come può accettare di star soggetto alla vigilanza critica di quelli in nome dei quali emette i suoi provvedimenti ( cioè i cittadini), come può riconoscere il proprio errore se il suo ruolo è quello di un “combattente”, per soprammercato contro cosucce come i “regimi dittatoriali” e in favore di “intere popolazioni mantenute a livello di povertà”?

 

E per lo stesso tratto si segnalano le dichiarazioni del Procuratore Greco sulle imprese che preferirebbero investire in tangenti anziché in innovazione. Il desiderio che le imprese facciano innovazione è ottimo, ma è un progetto di governo.

 

E torniamo al punto: che fa il magistrato? Combatte l’arretratezza tecnologica?

 

(da Il Dubbio)

 

 


Aggiungi commento