Cittadini incatenati, sindaci in piazza, presidi permanenti e tendopoli per dire no alla discarica di Pian dell'Olmo. È caos sociale, dentro e fuori la capitale, messa alle strette dall'urgenza di risolvere la questione dei rifiuti. di Andrea Spinelli Barrile
Cittadini incatenati, sindaci in piazza, presidi permanenti e tendopoli per dire no alla discarica di Pian dell'Olmo. È caos sociale, dentro e fuori la capitale, messa alle strette dall'urgenza di risolvere la questione dei rifiuti. Roma produce ogni giorno 5 mila tonnellate di immondizia e non può permettersi ulteriori richiami, dopo la bocciatura della Corte di giustizia Ue del Piano rifiuti 2007 perché «non conforme alla legislazione europea» e l'avvertimento per la messa a norma di Malagrotta che potrebbe portare a una multa di 10 milioni di euro.
«Ma creare una nuova discarica non risolve il problema», afferma il membro della giunta di Radicali italiani Massimiliano Iervolino, autore con Paola Alagia del libro Con le mani nella monnezza (Reality Book), «perché secondo la Ue in questi luoghi ci dovrebbe andare solo il residuale», cioè quella parte di rifiuti che non è in alcun modo riciclabile o riutilizzabile. E, quindi, un'altra discarica non sarebbe comunque a norma.
L'urgenza vera è quella di aumentare da subito la percentuale della differenziata, che in città è inchiodata al 26%. «Il conferimento in discarica è oggi la prima fase dello smaltimento quando invece dovrebbe essere l'ultima, dopo riduzione, riuso, recupero e riciclo», spiega Massimo Piras, portavoce della Rete Zero Waste Lazio. Anche se in tanti quartieri di Roma ad alta densità abitativa, con palazzi contenenti anche 100 famiglie come il Tuscolano-Don Bosco, un ciclo dei rifiuti ecologicamente sostenibile è difficile. E oggi la capitale ha il terrore di «finire come Napoli», con la differenza che qui la criminalità organizzata non c'entra: l'intreccio di politica e interessi imprenditoriali ha tagliato fuori dalla capitale i “mondezzari' mafiosi.
Il sindaco Gianni Alemanno e i vertici di Ama e Conai (la municipalizzata dei rifiuti e il Consorzio nazionale imballaggi) hanno presentato l'8 giugno al ministro dell'Ambiente Corrado Clini un piano che prevede, nero su bianco, il raggiungimento del 50% entro il 2014. È prevista la riduzione dei sistemi di raccolta da sei a due: quello per il vetro e un sistema di cassonetti elettronici attivabili dal cittadini con una tessera. Si tratta di impianti che si aprono con una card e sono in grado di riconoscere il tipo di rifiuto determinando premi, ma anche sanzioni, sulla tariffa.
Ma secondo Massimo Piras, portavoce della Rete Zero Waste Lazio, la proposta è fallimentare: «L'iniziativa necessita di un poliziotto a ogni cassonetto per controllarne il funzionamento altrimenti si rischia che i cittadini lascino il sacchetto fuori, aumentando il degrado». L'unica soluzione efficace, per Piras, è «la differenziata con metodo porta a porta». Che però, aggiunge Iervolino, «va accompagnata al corretto funzionamento degli impianti, così da avere solo una discarica di servizio».
Il sistema di trattamento meccanico biologico di Malagrotta, per esempio non funziona o è sottoutilizzato, mentre il gassificatore è spento da novembre perché smaltire l'indifferenziata in discarica conviene. Ma se gli impianti esistenti oggi andassero a regime si «potrebbero trattare 4 mila tonnellate di rifiuti: avanza comunque un deficit di 1000 tonnellate al giorno» precisa Iervolino, ma intanto il problema sarebbe notevolmente ridotto. Con un risparmio notevole perché «il costo dei rifiuti passerebbe da circa 400 euro la tonnellata (tra accise, tasse, costi di smaltimento, impiantistica) a circa 150», aggiunge Piras. Se l'immondizia è 'di qualità', infatti, costa meno raccoglierla e smaltirla e diventa un investimento visto che il riciclo è un processo produttivo e non distruttivo, perché crea lavoro e mercato.Eppure, sono in molti a Roma a contestare la modalità porta a porta come sistema di raccolta.
In quartieri come il Tuscolano-Don Bosco, Prati e Garbatella, il Comune e Ama hanno tentato negli anni scorsi il cosiddetto 'sistema duale': punti di raccolta mobile in cui, a giorni e orari prestabiliti, i cittadini potevano recarsi con il loro sacchetto. Ma l'idea si è rivelata un fallimento.
Oltre ai costi troppo alti per Ama, che a ogni appuntamento doveva tenere bloccato un camioncino e almeno due operatori, spesso i problemi logistici si sono rivelati insuperabili: ritardi nella raccolta, disservizi orari e scarsa responsabilità civica con rifiuti lasciati macerare al sole (molti cittadini portavano il sacchetto dell'umido fuori dagli orari e dai giorni stabiliti) hanno costretto il Comune a tornare indietro.
Attualmente, comunque, la maggior parte della capitale è schiava di un sistema a tre cassonetti: verde (indifferenziato), blu (plastica, lattine e vetro) e bianco (carta). Il primo contiene i rifiuti non pretrattati che finiscono in discarica producendo percolato (uno dei peggiori liquami da trattare), il contenuto del secondo deve essere pressato prima del trasporto, quindi il vetro si sporca di plastica e viceversa, impedendo il riutilizzo e finendo in discarica. Solo per il terzo si arriva a un riciclo, comunque parziale (circa un terzo) vista la mancanza degli impianti.
La Rete Zero Waste Lazio ha proposto un piano tecnico che individua, come prima urgenza, proprio quella di istituire immediatamente un sistema di differenziata. Una seconda fase riguarderebbe proprio il porta a porta esteso a tutta la città, contrariamente a quanto proposto da Ama (metà città con porta a porta e metà con cassonetto a badge). Perché il mancato svuotamento dei cassonetti stradali (a volte anche per tre-quattro giorni), causato dalla sproporzione tra mezzi e contenitori di indifferenziata, crea un effetto minidiscarica urbana.
Ma sono necessarie anche proposte alternative sul packaging dei prodotti, incentivi al riuso dei vuoti, la riduzione per legge degli imballaggi, l’obbligo all’uso di prodotti riciclati per gli uffici pubblici romani, incentivazioni sull’acquisto di compost da rifiuti solidi urbani a scopo agricolo. Tutte idee funzionali, che richiederebbero investimenti contenuti. Ma il leit motiv, a Roma, rimane lo stesso: trovare una discarica.
Andrea Spinelli Barrile