"Genericità e talvolta contraddittorietà del documento" a parte, nel contratto di governo tra M5S e Lega "esiste un chiaro elemento unificatore e riguarda il ruolo che lo Stato dovrebbe avere nella nuova Italia «pentalegata»". Ne scrive Carlo Cottarelli in un articolo su 'La Stampa' che riproponiamo nella nostra rassegna web.
... Il contratto prevede un chiaro rafforzamento del ruolo dello Stato nell’economia, in aperta rottura con gli sviluppi degli ultimi due-tre decenni in cui nei principali Paesi avanzati lo stato era arretrato rispetto al mercato.
Beh, non è che nel nostro Paese il mercato abbia poi fatto mai tanta strada. Se da un lato si privatizzavano molte imprese a livello nazionale, dall’altro il «capitalismo degli enti locali» cresceva a dismisura (con le sue oltre 10.000 società partecipate). Anche a livello nazionale, la Cassa Depositi e Prestiti ha pian piano ampliato il proprio ruolo come gestore di imprese. E la prescrizione, introdotta nel 2009, di approvare ogni anno una legge sulla concorrenza ha prodotto una singola legge, quella del 2017, legge peraltro annacquata dal Parlamento rispetto alla versione iniziale. Insomma, non proprio un trionfo del liberismo.
Ma la novità è che il contratto pentalegato si muove decisamente in senso opposto, verso un allargamento del ruolo dello Stato nell’economia e una deresponsabilizzazione dell’individuo. Facciamo qualche esempio. Quello più evidente è l’accettazione del principio del deficit pubblico come motore della crescita attraverso più «investimenti ad alto moltiplicatore e politiche di sostegno al potere d’acquisto delle famiglie».
Il contratto comporta aumenti di spesa pubblica di oltre cinquanta miliardi. Poi però, visto che lo Stato, oltre ad essere presente, deve anche essere generoso viene pure previsto un taglio massiccio della tassazione attraverso la flat tax, la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva e tagli alle accise, con un potenziale effetto complessivo sul deficit tra i 110 e i 125 miliardi di euro a regime.
Il contratto non dice quasi nulla sulle coperture: si prevede una copertura attraverso tagli degli sprechi (quali?), una miglior gestione del debito pubblico (come?) e un aumento, e questo è il punto, del deficit, anche se «appropriato e limitato» (che significa?) come dice la versione finale del contratto.
Ma questo è solo l’inizio. Troviamo nel contratto tante altre cose che ampliano il ruolo dello Stato nell’economia. C’è la banca per gli investimenti, che dovrebbe fra l’altro effettuare finanziamenti all’innovazione «con il fine di perseguire le politiche di indirizzo del ministero dell’Economia e delle finanze». Sempre nel settore finanziario, c’e l’intenzione di mantenere il Monte dei Paschi di Siena nell’area pubblica («lo Stato azionista deve provvedere alla ridefinizione della mission… in un’ottica di servizio»).
C’è lo Stato che interviene in soccorso di chi sembrerebbe penalizzato dalle logiche di mercato, compresi i piccoli azionisti delle banche (che verrebbero esclusi da un eventuale bail-in), e, naturalmente chi non ha un reddito superiore ai 780 euro e che quindi riceverebbe il reddito di cittadinanza (fra l’altro, al contrario di quanto scritto da alcuni giornali, il contratto non prevede che il diritto al reddito di cittadinanza duri solo due anni; la formulazione è poco chiara ma sembrerebbe che i due anni si riferiscano al periodo di tempo entro il quale tre offerte di lavoro possono essere rifiutate prima che il diritto al reddito venga meno; dopo due anni si riprenderebbe quindi a contare il numero dei rifiuti). Il contratto promette anche di ridurre al minimo la compartecipazione dei cittadini alla sanità, anche di quelli che magari potrebbero permettersi di pagare qualcosa.
È anche interessante notare quello che non c’è. Non si parla di concorrenza come elemento essenziale per migliorare l’efficienza economica. Anzi si considera necessario superare gli «effetti pregiudizievoli per gli interessi nazionali derivanti dalla direttiva Bolkenstein» (sulla liberalizzazione del mercato dei servizi). Il contratto non parla quasi mai di merito: dove è andata a finire la proposta dei Cinque stelle di creare un ministero della meritocrazia?
Ora, non sarò certo io a sostenere la sacralità del mercato. Il mercato va regolato per evitarne gli eccessi. Ma qualche domanda me la pongo...
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