di Guido Vitiello
(da Il Foglio)
Se questa rubrica dovesse scoprire le carte e dichiarare la propria filosofia, cercherebbe aiuto in una pagina de L'individualismo statalista di Giancristiano Desiderio: La commedia è la cifra stilistica dell'anima nazionale. La recita è la ragion pratica della politica. (...).
La caratteristica di fondo del discorso pubblico del politico italiano è la falsità: il politico non crede in ciò che dice. Calcolo? Astuzia? Machiavellismo? No. Banale recita. Il politico non solo dice il falso, ma è autorizzato a dirlo. Da chi? Dagli italiani che fingono di credergli. Finge chi parla, finge chi ascolta. È una recita collettiva. Corale. La nazione messa in scena.
Viviamo in una democrazia rappresentativa, sì, ma l'aggettivo ha subito qui una strana torsione: più che la rappresentanza politica comunemente intesa, ci interessa la rappresentazione in senso teatrale, la messinscena. Con il voto, concorriamo alla programmazione di una nuova stagione di spettacoli.
E così, una dopo l'altra, abbiamo consumato sul palcoscenico tutte le fasi politiche che altrove producevano effetti reali: abbiamo avuto la recita della rivoluzione liberale senza rivoluzione liberale, la recita della terza via senza terza via, e altre gustose parodie; le abbiamo applaudite per un po', ce ne siamo annoiati e siamo passati oltre, con l'illusione consensuale di averle vissute davvero. Ecco perché, quando un nuovo potere s'insedia in Italia, la prima domanda da farsi è sempre questa: che spettacolo sta mettendo in scena?
Dobbiamo esser grati al nuovo presidente della Camera Roberto Fico e alle scenette che continua ad allestire a beneficio di fotografi e telecamere dal primo giorno del suo insediamento, perché danno un'idea degli spettacoli che saranno in tabellone in questa stagione politico-teatrale dominata dai professionisti dell'anticasta. L'ultima gag, la passeggiata del cittadino Fico fino al Quirinale con uno stuolo di otto uomini di scorta e un cordone di venti carabinieri, il tutto pur di non salire su una stupidissima auto blu, valeva da sola il prezzo del biglietto.
Complicare inutilmente la vita e il lavoro a degli incolpevoli agenti perché facciano da comparse nel teatrino dell'Uomo Qualunque approdato alla terza carica dello Stato: riuscite a immaginare una rappresentazione più lampante, quasi didascalica, dell'imbroglio grillino? I déjà-vu della commedia all'italiana non perdonano.
Dove abbiamo già visto quella scena? In un primo momento avevo pensato al feroce cavalier Catellami (o Catellani: è una questione filologica aperta), il Gran Maestro dell'Ufficio Raccomandazioni e Promozioni che avanza per i corridoi della megaditta di Fantozzi circondato dai suoi lacché. Chissà che Roberto Fico non faccia piazzare nell'atrio di Montecitorio la statua della mamma che fa la maglia, così che tutti i deputati possano renderle omaggio all'entrata e all'uscita.
Due affezionatissimi lettori del Foglio (come faremmo, senza di loro?) hanno avuto però altre reminiscenze. Massimiliano Mingioni, davanti a quella buffa processione in pellegrinaggio verso il Quirinale, ha ripensato alla scena di Brutti, sporchi e cattivi (1976) di Ettore Scola in cui la popolosissima famiglia di Nino Manfredi va tutta unita al battesimo.
Ma l'imbeccata decisiva è arrivata da Riccardo Giuliana, che mi ha fatto capire da dove veniva quell'impressione di cose già viste: Alberto Sordi alias Guido Tersilli, l'ambiziosissimo medico della mutua diventato finalmente primario, che cammina tutto fiero per i corridoi della clinica Villa Celeste circondato da praticanti, suore e infermieri, sulle note della Marcia di Esculapio di Piero Piccioni. Ecco, un nuovo film potrebbe chiamarsi Il dott. citt. Roberto Fico presidente della Camera dei Deputati convenzionata con la Casaleggio Associati; ma la colonna sonora non la cambierei.
Ennesima riprova che il comico involontario è il nostro scotto: da quando abbiamo disimparato a girare le commedie, siamo costretti a viverle. (*)
(*) da Il Foglio