In un Paese vissuto di reddito politico, di assistenzialismo e di certezze granitiche per una gran bella fetta della popolazione, è forse scontato che il timore di perdere le garanzie e/o qualche privilegi abbia spinto buona parte del pubblico impiego a guardare altrove per trovare conforto in un futuro pieno di incognite.
Quindi, non solo reddito cittadinanza, non solo chi non ha, anche chi ha un posto ancora al sole si è lasciato sedurre da chi sa dire ciò che ognuno vuol sentirsi dire.
L'analisi dei flussi elettorali sembra dirci questo, che a ben riflettere, non deve quindi sorprendere. A tal proposito, Il Sole24Ore riporta alcuni dati che avvalorano la tesi che “i Cinque Stelle hanno fatto breccia anche fra i dipendenti della Pa, dalla sanità agli enti pubblici”.
Questo perché “negli ultimi anni, nel pubblico impiego si è creato un forte allarme per le riforme che lo stanno interessando, in arrivo proprio dal centrosinistra. Evidentemente c’è bisogno di nuova rappresentanza» spiega Luciano Fasano, docente di Scienza politica alla Statale di Milano. In altre parole, riforme come quella firmata da Marianna Madia hanno incrinato il «rapporto di fiducia» che si era sempre conservato tra dipendenti del settore e centrosinistra. Se il boom dei Cinque Stelle tra i disoccupati risponde all’appeal del reddito di cittadinanza, la crescita di consensi tra i lavoratori del pubblico impiego rispecchia un vuoto di rappresentanza. A quanto pare incolmabile dal Pd, finché nel suo programma parla di trasformare il settore «da zavorra a locomotiva» e operare un turnover radicale della macchina amministrativa”...
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