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17/11/24 ore

Lo scontro interno al Kurdistan iracheno dopo il referendum per l’indipendenza



analisi di Lorenzo Marinone

(* da Centro Studi Internazionale)

 

A tre settimane dal referendum consultivo per l'indipendenza del Kurdistan iracheno del 25 settembre, fortemente voluto dal Presidente curdo Masoud Barzani nonostante l'opposizione delle autorità centrali e gli appelli di larga parte della Comunità Internazionale, il dialogo tra Governo regionale del Kurdistan (KRG) e Baghdad si è bruscamente interrotto per lasciare spazio al confronto militare.

 

Infatti, dalle prime ore di domenica 15 ottobre sono iniziati scontri nella provincia contesa di Kirkuk, dove i Peshmerga curdi fronteggiano l'avanzata congiunta dell'Esercito iracheno, di unità delle forze speciali (Golden Division), della polizia federale e di fazioni delle Forze di Mobilitazione Popolare (FMP), in particolare il ramo militare dell'Organizzazione Badr e Kataib Hezbollah, queste ultime controllate direttamente dall'Iran.

 

L'offensiva è scattata allo scadere dell'ultimatum di Baghdad, che imponeva alle forze curde di abbandonare le loro posizioni all'interno della provincia, occupata dai Peshmerga nel 2014 benché formalmente al di fuori dei confini della Regione Autonoma stabiliti dalla Costituzione del 2005. In particolare, Baghdad ha intimato di cedere il controllo dei pozzi petroliferi, che grazie a una capacità di circa 500.000 barili al giorno rappresentano un elemento essenziale per la sostenibilità economica di un ipotetico Kurdistan iracheno indipendente. In questo modo, il Governo iracheno cerca di sottrarre al KRG una delle principali leve negoziali e allontanare lo spettro di una dichiarazione unilaterale di indipendenza.

 

Nonostante la grande importanza della provincia per il KRG, la città di Kirkuk, le principali installazioni militari e le infrastrutture strategiche sono state abbandonate quasi senza combattere in meno di 24 ore. l primi scontri hanno fatto emergere un'evidente frammentazione del fronte curdo, che riflette sia le tensioni politiche accumulatesi negli ultimi anni, sia gli storici attriti irrisolti tra Barzani e la fazione fedele al suo principale avversario interno, Jalal Talabani, scomparso lo scorso 3 ottobre.

 

Mentre alcuni reparti dei Peshmerga, legati a parte della leadership dell'Unione Patriottica del Kurdistan (UPK), il partito fondato da Talabani, hanno abbandonato il fronte senza combattere, i reparti legati a Barzani e al Partito Democratico del Kurdistan (POK) hanno cercato di mantenere la posizione.

 

Ciò sembra confermare l'atteggiamento di maggiore apertura verso Baghdad la disponibilità a negoziare e l'impegno per una soluzione politica della crisi che ha caratterizzato una fazione maggioritaria dell'UPK, capeggiata dalla vedova di Talabani, Hero Ibrahim, e dal figlio Bafel, all’indomani del referendum.

 

Proprio Bafel, a capo del servizio di intelligence del partito, il 12 ottobre aveva tentato di scongiurare l’avvio di un’offensiva di Baghdad offrendo alle autorità centrali condizioni estremamente favorevoli, come lo scioglimento del Consiglio provinciale di Kirkuk e la rimozione del governatore Najmaldin Karim, concessioni che avrebbero rimesso in discussione il controllo della provincia aprendo la strada a nuovi negoziati.

 

Mantenendo una posizione neutrale, distante dall’intransigenza di Barzani, la leadership dell’UPK punta essenzialmente a modificare gli equilibri di potere interni al KRG, ritornando al centro della vita politica della regione dopo una lunga fase di debolezza rispetto ai PDK, Tale fase è iniziata con l’elezione di Talabani alla Presidenza dell’Iraq nel 2005, che Io ha allontanato dalla vita politica dei Kurdistan, ed e proseguita con una scissione interna all’UPK, avvenuta nei 2009, che ha portato alla nascita dei partito Gorran.

 

Di fatto, nel corso degli ultimi anni Barzani è riuscito a estromettere progressivamente ii partito di Talabani dalla scena politica del KRG e a governare virtualmente incontrastato. L‘attuale Presidente ha rafforzato la sua base di consenso e le sue reti clientelari, riuscendo a prolungare due volte il suo mandato presidenziale oltre i limiti previsti dalla legge. Il dominio di Barzani e diventato ancora più evidente dall’ottobre 2016, quando sono state sospese tutte le attività parlamentari, congelando la posizione di forza del PDK.

 

Di fronte alle scarse possibilità di manovra offerte dalla situazione politica interna, l’UPK potrebbe tentare di proporsi come mediatore nella disputa tra Erbil e Baghdad, in modo da ritagliarsi un ruolo di primo piano nei negoziati e ricavarne un vantaggio politico rispetto al PDK, che si troverebbe sempre più isolato

 

 A tal fine, sul piano del dibattito politico interno ai Kurdistan, l’UPK potrebbe indicare nella tempistica della consultazione popolare, nell’intransigenza adottata da Barzani nel gestire la fase post-referendaria e nel rifiuto della mediazione internazionale le vere cause della disfatta di Kirkuk. Sul piano delle relazioni con le autorità centrali, l’UPK potrebbe sfruttare i buoni rapporti che intrattiene tradizionalmente con l'Iran per accreditarsi a Baghdad come principale interlocutore.

 

In questo senso è particolarmente significativa la visita di Qassem Soleimani alla tomba di Talabani il 15 ottobre, a poche ore dalla scadenza dell’ultimatum di Baghdad al KRG. Poiché avvenuta in un momento così delicato della crisi, la visita di Soleimani, comandante della Forza Qods dei Pasdaran iraniani e punto di contatto tra Teheran e le FMP, non solo ribadisce che i rapporti tra Iran e UPK non sono stati danneggiati dal referendum, ma rappresenta anche un messaggio rivolto a Barzani, accrescendo il peso politico del suo principale avversario interno.

 

Tuttavia, va sottolineato che l’UPK non presenta una posizione compatta a favore della linea morbida verso Baghdad. Un eventuale consolidamento del rapporto tra l'Iran e l’UPK potrebbe accentuare le divergenze interne alla leadership del partito, emerse con chiarezza nelle ultime settimane, tra la componente maggioritaria, fedele a Talabani e alla moglie Hero Ibrahim, e la fazione che fa riferimento a Kosrat Rasul Ali, attuale segretarlo dell’UPK, più intransigente verso Baghdad e incline alla difesa dl Kirkuk a oltranza.

 

D’altronde, questi attriti si sono già manifestati nel contesto dell'avanzata delle forze irachene su Kirkuk, quando Rasul Ali ha rifiutato di far ritirare quella parte dei Peshmerga sotto il suo comando diretto, rimanendo a presidiare la linea del fronte insieme alle truppe inviate di rinforzo da Barzani. Di conseguenza, la scelta della leadership dell’UPK di mantenere una posizione il più possibile neutrale e di cercare una mediazione potrebbe portare a una rottura definitiva tra le anime interne.

 

In prospettiva, una simile frattura rischia di diminuire il peso politico di entrambe le fazioni. Mentre quella più oltranzista di Rasul Ali si troverebbe a dipendere dall’appoggio di Barzani, quella di Hero Ibrahim e Bafel potrebbe perdere il controllo di parte dei Peshmerga e dei servizi di sicurezza dell’UPK, con il rischio di venire estromessa del tutto dalle posizioni apicali del KRG.

 

Pertanto, non e possibile escludere che la fazione di Hero Ibrahim e Bafel opti per un atteggiamento decisamente più assertivo e pragmatico, e consideri la crisi attuale come una finestra di possibilità sia per arrivare a una resa dei conti con l’opposizione interna, sia per porre fine all'egemonia di Barzani. In questo senso, I’UPK potrebbe trarre vantaggio non solo dal mantenere la relazione con l'Iran, ma soprattutto dall’appoggiare l’avanzata delle FMP per indebolire anche dal punto di vista militare i suoi avversari.

 

Ovviamente, un simile atteggiamento accrescerebbe le tensioni tra l’UPK e ii PDK per il controllo della regione e potrebbe preludere a una pericolosa fase di instabilità per il Kurdistan iracheno, riaprendo ferite mai dei tutto rimarginate dopo la guerra civile scoppiata a metà degli anni '90.

 

Nel complesso, il referendum per l'indipendenza indetto da Barzani ha agito da catalizzatore di una serie di tensioni, sia tra Erbil e Baghdad sia all’interno dei KRG, che negli ultimi anni erano state congelate soltanto grazie alla priorità che tutte le parti avevano accordato alla lotta allo Stato Islamico.

 

Tuttavia, va sottolineato che il contesto in cui tali tensioni riemergono oggi è significativamente diverso rispetto a quello precedente ai 2014. Gli ultimi tre anni hanno visto un consistente depotenziamento delle opposizioni, culminato nella sospensione dei lavori parlamentari, circostanza che ha approfondito la distanza tra i partiti.

 

In questo contesto, si sovrappongono ora le accuse incrociate relative alla perdita di Kirkuk, che potrebbe quindi rappresentare un punto di non ritorno relativamente alla possibilità di raggiungere un accordo per uscire dall’impasse politica. Di conseguenza, con la progressiva riduzione degli spazi di mediazione, la reazione delle opposizioni interne al PDK rischia di assumere una dimensione più conflittuale rispetto al passato.

 

Di fatto, in questo quadro, nonostante la retorica fortemente indipendentista adottata in modo trasversale da tutte le formazioni politiche curde, la scelta di indire il referendum ha rappresentano uno strappo da parte di Barzani verso i suoi rivali interni, capace di scuotere dalle fondamenta il fragile accordo su cui si basa l’equilibrio di poteri nella regione, raggiunto tra PDK e UPK al termine della guerra civile.

 

Infatti, intestandosi la dichiarazione di indipendenza del Kurdistan, Barzani avrebbe completato idealmente la sua parabola politica chiudendo oltre un secolo di lotte per l’indipendenza per larga parte guidate dalla sua famiglia, e avrebbe rafforzato ulteriormente la sua rete di potere.

 

Ovviamente, questa eventualità è percepita come una minaccia particolarmente insidiosa dall’UPK che rischia di essere condannato all’irrilevanza politica e, di conseguenza, di perdere progressivamente il controllo delle proprie reti clientelari.

 

Quindi, per evitare un simile esito, il partito di Talabani potrebbe essere indotto a sfruttare l’intero ventaglio di strumenti a disposizione per garantire la propria sopravvivenza politica, compresi quelli più estremi, aprendo una nuova stagione di ostilità con il PDK.

 

* (da Centro Studi Internazionale)

 

 


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