Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/12/24 ore

Chi odia la società aperta



di Angelo Panebianco (da corriere.it)

 

... In Italia i sentimenti illiberali sono assai diffusi — si spera solo che non siano ormai maggioritari. I bersagli di tanta ostilità sono i due pilastri della società libera o aperta: la democrazia rappresentativa e l’economia di mercato. Quanto alla prima (stando ai sondaggi) la delegittimazione della classe parlamentare è ormai massima. Una parte ampia dei nostri concittadini pensa alle istituzioni rappresentative non come ad istituti che tutelano la nostra libertà ma come a luoghi di malaffare, centrali di corruzione: le solite «aule sorde e grigie» di mussoliniana memoria. È un dogma ormai accettato da tanti che questo, a causa dei politici, sia il Paese più corrotto del mondo o giù di lì.

 

Ci sono forze che hanno interesse a che i nostri concittadini lo credano: quanto più debole e delegittimata è la politica tanto più queste forze spadroneggiano. Se fossero le inchieste giudiziarie a darci la misura della corruzione, allora dovremmo ritenere vero quanto pensano gli italiani. Se non che, le sentenze all’ultimo grado di giudizio dicono cose piuttosto diverse dalle inchieste. Ciò conterebbe qualcosa se l’Italia fosse un autentico stato liberale di diritto. Ma con i suoi sommari processi mediatici e la generalizzata mancanza di rispetto per il principio di non colpevolezza di indagati e imputati non lo è.

 

A causa della delegittimazione delle istituzioni rappresentative, la classe politica, in questo Paese, è in balia di burocrazie, amministrative e giudiziarie, che hanno ormai preso il sopravvento. Al punto che se un politico energico tenta di ristabilire il primato della politica, il fuoco di sbarramento diventa violentissimo. Si grida contro la tirannia politica alle porte, allo scopo di difendere il predominio di quelle burocrazie. Anche il secondo pilastro, il mercato, è sotto attacco.

 

La lunga crisi economica ha rivitalizzato le tradizioni anticapitaliste del Paese. Un tempo c’erano i tanti fautori della rivoluzione, oggi ci sono i loro eredi, nonché i teorici della decrescita felice e altre bufale pseudo-ecologiste. Tutti insieme solleticano gli istinti peggiori del pubblico contro «l’Europa dei banchieri», il «grande capitale», e gli altri mostri impegnati a vampirizzare il popolo. Un Paese in declino demografico ed economico, e che vi si è rassegnato, è forse il più idoneo per adottare ricette di «politica economica» collaudate altrove in altri anni, ricette che hanno già fatto disastri in Argentina, Venezuela, Perù, e altri luoghi. Serve un miracolo e bisogna avere fiducia. Magari...

 

- prosegui la lettura integrale di corriere.it

 

 


Aggiungi commento