di Gian Luigi Tosato (Affari Internazionali)
Il risultato del referendum sulla Brexit comporta una conseguenza immediata e diretta per il sistema giuridico dell’Unione europea, Ue, e un’altra meno immediata, ma inevitabile e centrale.
L’accordo Uk-Ue cessa di esistere
Il primo effetto riguarda l’Accordo UK-Ue del 19 febbraio scorso. Come risulta dalle Conclusioni del Consiglio europeo in pari data, i 28 Stati membri hanno convenuto all’unanimità che, nel caso di esito referendario favorevole all’uscita, l’Accordo in questione sarebbe cessato di esistere. Si tratta di una conseguenza automatica, non legata a particolari formalità, che si è già prodotta per il semplice fatto del risultato referendario.
La decadenza dell’Accordo risponde ad una ratio ben precisa. L’Accordo è stato concluso per favorire un esito positivo del referendum. Costituiva una concessione per il governo di Cameron per superare lo scoglio della consultazione popolare. Una volta mancato l’obiettivo, qualsiasi giustificazione dell’Accordo è venuta meno.
Vale la pena di notare la connotazione giuridica attribuita alla prevista decadenza. Non ci si è limitati a parlare di inefficacia dell’atto, o anche di sua invalidità o annullamento. Si è fatto ricorso a una qualificazione giuridica più forte, quella dell’inesistenza: si è precisato che l’Accordo “cesserà di esistere”.
Ne consegue che quanto previsto nell’Accordo non potrà essere invocato come precedente . Le interpretazioni del diritto Ue ivi contenute, in materia di “unione sempre più stretta”, “multicurrency Union”, “circolazione dei lavoratori”, sono cancellate. Erano deroghe eccezionalmente pattuite in vista di una vicenda del tutto speciale e sono state definitivamente travolte dall’esito del referendum. Altri Stati membri non potranno dunque avvalersene in futuro.
L’art. 50 in pratica
Veniamo all’altra conseguenza del referendum, non immediata, ma inevitabile e centrale, vale a dire l’uscita del Regno Unito dall’Ue. Non si tratta di un effetto automatico del voto referendario, ma certamente ne rappresenta la inequivocabile finalità. L’uscita passa attraverso la procedura di recesso di cui all’articolo 50 Tue.
Questa disposizione del Trattato solleva una serie di questioni:
a) Il recesso dalla Ue si può attuare solo in base al citato art. 50. Altre vie, mutuate dal diritto internazionale generale, appaiono impraticabili nelle circostanze. Azioni unilaterali del Regno Unito al di fuori dell’art. 50 costituirebbero un illecito ai sensi sia del diritto Ue sia del diritto internazionale.
b) La procedura dell’art. 50 prende avvio su iniziativa e richiesta dello Stato recedente, non può essere attivata dalle istituzioni dell’Ue. Queste possono sollecitare il Regno Unito a farlo, ma non determinare unilateralmente l’inizio della procedura.
c) L’iniziativa dello Stato recedente, quando assunta, comporta una notifica al Consiglio europeo dell’intenzione di lasciare l’Ue. L’organo competente ad effettuare la notifica, come pure le procedure interne che la precedono, dipendono ovviamente dall’ordinamento costituzionale dello Stato recedente, nel nostro caso quello del Regno Unito. Una semplice comunicazione circa l’esito dell’avvenuto referendum non basta ai fini dell’art. 50; ci vuole una vera e propria notifica dell’intenzione di recedere…
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