di Jean-Pierre Darnis (Affari Internazionali)
Il caso Regeni ha suscitato una serie di valutazioni sulle relazioni che l’Italia intrattiene con l’Egitto. Anche la visita del presidente francese François Hollande al Cairo è stata commentata in Italia alla luce di questi avvenimenti.
Si pone un classico dilemma di politica estera, la scelta fra la promozione dei diritti e la difesa pragmatica degli interessi nazionali seguendo l’approccio della “potenza” internazionale. Molti ritengono che non ci sia nulla da fare di fronte a regimi autoritari che infrangono le (nostre) leggi. La risposta non è definitiva, come dimostrano i casi italiani e francesi.
Per l’Italia la relazione con l’Egitto è ben radicata nel passato, nella storia della presenza italiana fra Ottocento e metà Novecento nel Paese. L’Egitto occupa un posto a parte per l’orientalismo italiano: da sempre rappresenta un luogo di proiezione privilegiato nel mondo arabo.
In tempi più recenti, l’Italia ha sviluppato una particolare sensibilità nei confronti dell’evoluzione della società egiziana, illustrata ad esempio dall’impegno nei confronti della politica del Paese dell’ex ministro degli Esteri Emma Bonino.
Lo studente di Cambridge e ricercatore Giulio Regeni appartiene a questo filone, e suscita l’identificazione da parte di numerosi studiosi o intellettuali italiani impegnati sia nell’approfondimento della conoscenza delle società egiziana e araba sia nella ricerca di una dialettica sui valori.
Continuità bilaterale tra Italia ed Egitto
Da un punto di vista governativo, l’Italia repubblicana vanta una continuità nella politica bilaterale con l’Egitto rafforzata da una generale politica di amicizia nei confronti dei Paesi arabi e sostenuta dall’avvicinamento fra Cairo e Stati Uniti durante la presidenza di Anwarel-Sadat negli anni ’70.
Questa politica fra governi era segnata da un approccio piuttosto pragmatico, con buoni rapporti con la struttura militare del regime. La Primavera araba del 2011 e lo sviluppo della protesta in Egitto intorno alla piazza Tahrir hanno di nuovo mosso l’ago della bilancia verso l’interesse nei confronti della società egiziana e delle sue dinamiche riformatrici, con l’accento posto sulla dimensione generazionale della protesta.
L’arrivo di Abdel Fattah al-Sisi al potere è stato da questo punto di vista un ritorno al passato: una scelta di stabilità che, in modo pragmatico, rappresenta una garanzia per limitare la crescita di movimenti islamisti interni ma anche la stabilizzazione di un attore regionale relativamente forte e convergente con gli interessi occidentali.
L’uccisione di Giulio Regeni si inserisce all’interno di questa dialettica fra la ricerca di una stabilità del regime in chiave di contrasto a ulteriori pericoli, e la volontà di promuovere una politica estera in consonanza con il corpus di diritti civili.
Da questo punto di vista esiste un “prima” e un “dopo” Regeni: le passate nefandezze del regime egiziano nei confronti dei propri cittadini non hanno infatti mai suscitato un livello paragonabile di protesta. La mobilitazione italiana intorno al caso Regeni ha reso la questione elemento centrale nel dibattito dell’opinione pubblica, e quindi anche per la maggioranza di centro-sinistra al potere.
Questo spiega l’inserimento forte della tematica “Regeni” nelle relazioni bilaterali. Tra l’altro va notato che alcuni attori locali spingono per un’azione incisiva dell’Italia nei confronti del governo al-Sisi, nell’ottica di ribaltare il regime. Alla luce di questa ondata di protesta, l’agenda bilaterale del governo italiano si è evoluta, con una serie di misure diplomatiche volte a esercitare pressioni sull’Egitto.
Interrogativi per l’Europa e la Francia
Ma la mobilitazione italiana interroga anche la politica europea: la visita del presidente Hollande in Egitto è esaminata in Italia con la stessa lente critica. Per molti aspetti, la relazione della Francia con l’Egitto può essere paragonata a quella italiana. L’Italia può vantare importanti interessi economici come l’esplorazione di giacimenti di gas offshore da parte dell’Eni, ma anche una serie di investimenti nel tessuto economico da parte della rete di Pmi italiane.
Per quanto riguarda la Francia, va rilevata la recente crescita della relazione politico militare con l’Egitto, diventato un cliente privilegiato per l’industria della difesa francese, soprattutto dopo la vendita dei caccia Rafales…
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