di Francesco Forte (da il Giornale 22/04/2015)
Renzi afferma con sicurezza che “l’Italia riparte”. In effetti ci sarebbero le condizioni per una vigorosa ripresa: il prezzo del petrolio e quindi dell’energia è ribassato, il tasso di cambio dell’euro con il dollaro è passato da 1,36 a 1,05, un calo di più di 30 punti, il tasso di interesse è sceso. Ma la Whirlpool annuncia un taglio del personale di 1.350 addetti, con la chiusura di tre stabilimenti di cui uno di 850 lavoratori nell’area di Caserta. Inoltre verrà chiuso il centro di ricerca di None, nell’area industriale di tecnologia avanzata torinese in cui c’è il Politecnico di Torino, all’avanguardia nel settore elettrotecnico, metalmeccanico ed elettromeccanico. Il centro verrà spostato in Polonia! Ciò indica che la politica fiscale, del lavoro e della ricerca che sta adottando questo governo è completamente inadeguata.
Lo è la riforma del mercato del lavoro, che punta tutto sul contratto di lavoro unico, nazionale a tutele crescenti, sovvenzionato con un vistoso sconto contributivo (che va a carico degli altri contribuenti), mentre non si liberalizza la contrattazione aziendale orientata alla produttività e si riduce lo spazio per contratti di lavoro flessibili che vengono penalizzati. Questa politica è inadeguata soprattutto per il Mezzogiorno di Italia, ove invece Fiat Chrysler, nei suoi stabilimenti ove vigono i contratti aziendali, ora riesce a mantenere l’occupazione e anzi ad assumere.
In generale, non sembra che il Mezzogiorno interessi a questo governo. Esso si lamenta che l’Europa non fa abbastanza per noi, ma dimentica che ci sono molti fondi europei non spesi, destinati al Mezzogiorno, che potrebbero essere utilizzati per evitare la sua deindustrializzazione in aree di tradizione industriale, come quelle della Campania. Per il rilancio produttivo del Sud potrebbe servire la riduzione al minimo dell’Irap nelle regioni meno sviluppate. Essendo l’Irap una imposta regionale e non nazionale, con aliquote che possono essere variate da regione a regione, la riduzione al minimo (per il cui finanziamento potrebbe essere utilizzata anche parte dei fondi europei) non ricadrebbe nel divieto di esoneri fiscali, come incentivi per lo sviluppo, stabilito dalla regolamentazione comunitaria.
La politica tributaria adottata per l’Irap dal governo attuale ha trascurato completamente l’elevato costo che essa comporta per il terziario avanzato. Tale onere penalizza i centri direzionali e la ricerca inducendo a spostarli fuori d’Italia. Si fa tanta retorica sulla fuga dei cervelli e sulla “buona scuola”. Ma poi ci si dimentica dei lavoratori con il colletto bianco del terziario avanzato. E gli sconti fiscali vanno in bonus sociali, non in incentivi allo sviluppo della produttività.
Il caso Whirlpool mostra un altro fallimento della politica del governo attuale, la cui responsabilità originaria risale per la verità al governo Monti: la esasperata tassazione patrimoniale degli immobili, con particolare riguardo alle abitazioni utilizzate dai proprietari. È chiaro che questa tassazione ha scoraggiato l’investimento delle famiglie nella casa. E di ciò ha sofferto e soffre l’industria degli elettrodomestici e in genere dell’arredamento, sia perché si è quasi bloccata la domanda di nuove abitazioni in proprio, ora colpite con la Tasi e l’Imu, in futuro con la local tax che le unifica; e sia perché essendo il reddito familiare un tutto unico, se una parte maggiore di tale reddito va a pagare i tributi sugli immobili, ne resta una parte minore da destinare alla modernizzazione dell’arredamento.
Mentre l’industria nazionale degli elettrodomestici è in flessione quella dell’auto è in espansione. Eppure per l’acquisto di elettrodomestici è previsto un sostanzioso credito di imposta, mentre ciò non accade per l’acquisto di auto. Ma la domanda domestica e internazionale di questo settore si avvale di contratti aziendali e Fiat è uscita da Confindustria e ha smesso di partecipare a tavoli ministeriali, mentre per Whirlpool ci sono i tavoli ministeriali. L’occupazione però non si crea né per legge, né con le riunioni e i protocolli. Occorrono maggiori liberalizzazioni, meno imposte, meno chiacchiere e più fatti.