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16/11/24 ore

Populismo espiatorio, la legge della domanda e dell'offerta politica



di Marco Valerio Lo Prete 

(da ilfoglio.it)

 

L’avanzata dei “populisti” in occasione delle elezioni europee del 25 maggio è un assunto praticamente indiscutibile in ogni talk-show o inchiesta giornalistica che si rispetti. Quale che sia il peso effettivo del Parlamento di Bruxelles-Strasburgo per le sorti del continente, infatti, non c’è sondaggio che non rilevi l’impennata di consensi per i partiti anti establishment, euroscettici e arrabbiati, dal Front national di Marine Le Pen allo United Kingdom Independence Party di Nigel Farage, passanto per il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo in Italia.

 

Allo stesso modo pare indiscutibile che i cittadini europei abbiano deciso, in questo modo, di “mandare un segnale” all’Unione europea e ai governi nazionali. Votare le estreme, dunque, è l’ultimo modo rimasto all’elettore per far capire ai partiti politici che la loro “offerta” è diventata indigeribile. Il ragionamento in apparenza fila, ma è “fallace e autoconsolatorio”.

 

Se i populisti trionfano – sostiene invece il politologo inglese Matthew Flinders – il problema è nella “domanda politica più che nell’offerta”, il baco cioè è “negli elettori più che negli eletti”. Lo studioso dell’Università di Sheffield – di cui il Mulino ha appena tradotto in italiano “In difesa della politica” – al Foglio dice che il successo dei populisti dovrebbe “suonare la sveglia più per noi cittadini che per la classe politica. Dovrebbe farci ragionare sul nostro livello di maturità più che sull’incapacità degli eletti”.

 

Tesi controintuitiva che però si fonda su una lunga analisi dei sistemi politici occidentali che ha condotto Flinders alla seguente conclusione: “Le aspettative e le domande del pubblico nei confronti del sistema politico sono divenute talmente dirette, intense e irrealistiche che il ‘fallimento’ della democrazia è praticamente assicurato”. Detto altrimenti: abbiamo aspettative sempre più esorbitanti e fuori luogo alle quali è fisiologico che i politici non possano rispondere. Da qui la frustrazione diffusa che si accumula nelle democrazie, specie in momenti di crisi.

 

La politica democratica è come un matrimonio. Durante la luna di miele, si ragiona come se il resto della vita abbia a mantenersi sempre allo stesso livello di felicità e spensieratezza. Si fanno promesse che si rispettano, poi con gli anni si fanno ancora altre promesse. A un certo punto però, nella vita di coppia, è meglio essere onesti e mettere in chiaro che la scelta ‘x’ non la condividiamo e quella ‘y’ non è alla nostra portata. Dai politici, invece, noi cittadini esigiamo che continuino a farci promesse e a realizzarle. Salvo poi restare sistematicamente delusi quando i loro limiti diventano evidenti”. Così finiamo per sperare in movimenti populistici che promettono “soluzioni semplici e immediate ai nostri problemi”.

 

Questa tendenza, per varie ragioni, negli ultimi decenni è diventata una sorta di “legge ferrea” del ciclo democratico...

 

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