di Francesca Paci
L’Egitto è di nuovo nella tempesta dopo gli scontri tra manifestanti, polizia, tifosi e sostenitori dei partiti islamisti al potere che ormai da una settimana continuano a uccidere al Cairo, Suez, Port Said. Ieri il presidente Morsi è rientrato in anticipo dalla visita in Germania proprio per seguire da vicino gli sviluppi della crisi mentre Fitch declassava i bond e oltre mille agenti delle forze di sicurezza si rifiutavano di andare in strada per la carenza di equipaggiamento.
E’ proprio questo ultimo punto quello da cui comincia la nostra triste storia, la mancanza di sicurezza che da mesi ormai rende le piazze egiziane l’estrema speranza dei rivoluzionari ma anche l’avamposto di una violenza cieca, animale, irrazionale, il regno nero dove si sfoga una società troppo a lungo repressa che approfitta dell’anarchia per rovesciarsi e travolgere tutto come nella Peste di Camus.
Ieri pomeriggio abbiamo chiamato al telefono una nostra amica, una giornalista del Cairo, esperta, seria, una professionista quarantenne che ha seguito la storia contemporanea del paese dalla caduta di Mubarak a oggi raccontando cosa accadeva in tv e sui giornali ma anche partecipandovi in prima persona come cittadina orgogliosa della scossa inaspettata dei propri coetanei.
Non la sentivamo da qualche settimana ma eravamo certi che venerdì scorso, secondo anniversario della rivoluzione, fosse andata in piazza Tahrir, per lavoro e per passione. C’era andata, infatti. Da sola, come sempre, come in questi mesi ha fatto mille volte chi scrive...
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