Nelle pieghe del tormentone estivo che ha arpionato il ministro Gennaro Sangiuliano, costringendolo alle dimissioni precedute da una stupefacente serie di azioni improvvide, sono pure affiorate delle vere e proprie notizie, accuratamente trascurate dal tam tam mediatico e che invece sarebbero meritevoli di grande attenzione da parte di un giornalismo che non fosse calibrato sul modello dei rotocalchi posati sulle poltrone dei parrucchieri.
Si riferiscono alla gestione che ha caratterizzato l’amministrazione dei fondi del Ministero della Cultura nel periodo precedente ai due anni di Sangiuliano. In difesa di quest’ultimo, da parte del Centrodestra, è stato evidenziato come fra le ragioni di avversione generalizzata ci fosse la revisione dei criteri di sostegno pubblico ai film cosiddetti d’autore, con l’obiettivo di evitare sciali e scelte arbitrarie.
Argomento immediatamente ribaltato da parte di vari esponenti del mondo del cinema, che al contrario giudicavano il suo intervento al pari di un barbaro vandalismo destinato a desertificare la produzione cinematografica.
Dal botta e risposta, magari spigolando bene all’interno dei vari articoli, emergevano dati invero sorprendenti dei modi in cui sono stati utilizzati quei fondi. Facciamo alcuni esempi riferendoci nel caso a personaggi più significativi, direttamente o indirettamente noti.
Scoprire che il Ministero abbia finanziato con tre milioni di euro il film di Ginevra Elkann, nipote di Gianni Agnelli e sorella del presidente di Stellantis John, lascia per lo meno perplessi circa i criteri ai quali si ispiravano i funzionari preposti all’amministrazione del fondo pro-cinema d’autore. Tanto più che da quella pellicola non vi è stato alcun ritorno, né tanto meno ha registrato alcun significativo riscontro culturale.
Intendiamoci non è il solo caso… per molti anni si è assistito al fenomeno dei film fantasmi, finanziati e mai visti, affidati a società quanto meno precarie, ma in ogni caso quasi sempre sostenute nel loro non produrre nulla…
Altrettanto singolare è risultata un’altra notizia uscita di straforo dalla polemica relativa alla nomina del nuovo amministratore dell’agenzia Arte Lavori E Servizi (ALES) del Ministero della cultura, Fabio Tagliaferri.
Su Tagliaferri si sono appuntate numerose critiche, in quanto giudicato inadatto all’incarico e non sono mancate ironie sulla sua precedente professione di concessionario d’auto nel Frusinate.
Fatto sta che all’indomani del suo insediamento si è appreso che in precedenza, sotto la gestione di Mario De Simoni, l’agenzia ALES che gestisce gli introiti dai musei aveva sottoscritto con la banca del Monte dei Paschi un contratto per cui sui depositi del conto corrente non veniva versato alcun interesse.
Se si considera che ogni anno su quel deposito giacevano decine di milioni, si può ben immaginare cosa ha significato il mancato versamento degli interessi da parte della banca: sono cifre ben più consistenti dei rimborsi e su chi li ha pagati per qualche soggiorno in hotel (nella boccaccesca e farsesca vicenda Sangiuliano-Boccia), ma questo pare aver poco o nulla interessato i censori dall’indignazione facile…
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