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23/12/24 ore

Chi vuole la guerra? Le ambiguità, di fatto filo-Putin, di Conte e Salvini. Conversazione con Francesco Sisci con Giuseppe Rippa



L’audiovideo di Agenzia Radicale Video che segue è la conversazione di Francesco Sisci, sinologo, giornalista e analista politico, con Giuseppe Rippa, direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale. In appendice poi la trascrizione della chiacchierata…

 

 

 

 

 

 

Chi vuole la guerra? Le ambiguità, di fatto filo-Putin, di Conte e Salvini. Conversazione con Francesco Sisci con Giuseppe Rippa (Agenzia Radicale Video)

 

 

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Rippa - È indubbio che viviamo un periodo di turbolenza. Le guerre, l'Ucraina, la vicenda mediorientale, il progrom di Hamas, l’ingresso di Israele in Gaza e altre situazioni che si vanno sempre più sviluppando definiscono uno scenario nel quale convergono anche molti altri elementi. La fine di un vecchio ordine mondiale, la incapacità a dare una nuova definizione, la propensione di alcune realtà a voler modificare i rapporti di forza nel mondo.

Quello che suscita perplessità però è l'atteggiamento di alcuni soggetti, che pure sono diventati comunque nell'agenda politica italiana centrali. Ecco, per esempio vorrei partire proprio da una rilettura di una intervista che l'ex premier Giuseppe Conte ha fatto al Corriere della Sera - ripresa poi in chiave di riflessione da Fabrizio Roncone, che in qualche modo fotografa un atteggiamento che non si presenta solo con i caratteri dell'ambiguità, ma sembra mettere in dubbio la nostra collocazione internazionale. Insomma è un punto di frattura rispettoso le tradizionali alleanze dell’Italia. Cos'è che mi hai colpito in questo tipo di di ragionamento? Mi ha colpito il fatto che a un certo punto lo stesso Conte dichiara - rispondendo appunto a Marco Ascione sul Corriere della Sera - che le posizioni sull'Ucraina e il no dei 5Stelle all’invio di armi spinge alla guerra. Ma come la guerra l’ha fatta la Russia invadendo l’Ucraina con l’intenzione di sottometterla? Conte risponde appunto che in fondo la questione Ucraina va letta in una chiave più articolata e bisogna offrire alla Russia una duratura prospettiva di pace e di sicurezza. Insomma siamo di fronte a una lettura in cui quello che tu spesso chiami la guerra ibrida viene interpretata o con un tasso di grande ingenuità o con un tasso di grande complicità a disegni che hanno sul piano internazionale un carattere decisamente perverso. Ecco, rimando a te la palla, perché tu ci dica da dove parte questo tipo di posizione che trova in Conte, ma nella struttura anche del nostro sistema informativo, delle complicità reali.

 

Sisci -  Beh, naturalmente io non so quali sono le intenzioni dell'ex premier Conte, però certamente lui, proprio perché capo di un partito ed ex premier ed ha avuto delle responsabilità, ha preso delle decisioni. Decisioni specifiche, certe volte ambigue e controverse come l'arrivo dei militari russi che  in pieno Covid dovevano prendere dei campioni di virus da analizzare, senza poi sapere cosa realmente hanno fatto e che ruolo hanno avuto. Conte non è un uomo a caso, non è un pensatore, non è un giornalista che esprime semplicemente delle opinioni così.

Ha un peso specifico e quindi in questo senso le sue affermazioni - in cui dice che sostanzialmente l'Ucraina non potrà riuscire a vincere proprio nel momento in cui poi a Mosca c'erano delle dimostrazioni a favore del dissidente Navaldy e quindi si mostrava che in Russia c'erano delle fratture delle spaccature, beh, questi sono segni di ambiguità e di pericolosità enorme. 

Per l'Italia, per il fronte occidentale, perché noi dobbiamo decidere da che parte stiamo, se siamo nella NATO, se non siamo nella NATO. E se qualcuno vuole tirarsi furi dalla Nato dobbiamo poi prendere tutte le decisioni del caso. Ora questa ambiguità, coscientemente o incoscientemente, fa gioco e fa parte del della guerra ibrida della Russia. 

Nella guerra in Ucraina i russi non riescono a sfondare, non riescono a conquistare Kiev e l'Ucraina dopo due anni. Però, in questi due anni è riuscita a fare grande proseliti e ad avere grande spazio in Europa in tanti partiti Europei. E in Italia? Noi ci troviamo in una situazione bislacca in cui la destra e la sinistra sono divise al loro interno. Cioè a destra noi abbiamo un partito come la Lega con  Matteo Salvini che ha fatto anche lui dichiarazioni ambigue a favore di Di Putin e a sinistra abbiamo Conte con queste altre dichiarazioni ambigue. Ora noi ci troviamo in una situazione - mi sembra - molto pericolosa proprio perché non si sa.quale sarebbe la prospettiva. 

Cosa sta succedendo? Sembra che noi, come dire, potremmo salvarci se solo cedessimo l'Ucraina? La realtà è evidentemente un'altra, perché è molto possibile, anzi, che se l'Ucraina dovesse essere conquistata da dalla Russia, questo non soddisferebbe gli appetiti russi, anzi cambierebbe tutti gli equilibri europei. E l'Italia, anziché allontanare la guerra, si troverebbe invece magari, come Stato durante la guerra fredda ad avere una guerra. Calda in casa? Questo è un elemento.

Un secondo elemento io credo che durante la guerra fredda, nonostante che avessimo un partito comunista legale e parte del dibattito politico c'erano dei compartimenti stagni, per cui sì, si diceva “io caro partito comunista, non ti brucio al rogo ma nemmeno ti do l'ostia. L'eucarestia alla messa in chiesa. C'era una situazione diciamo. Di chiarezza in questa gestione della democrazia e del dibattito democratico. Dicendo, tu sei da una parte, ma io non ti ammetto al tavolo dei bottoni. Oggi invece è tutto molto più confuso, non si sa chi sta da una parte, chi sta da un'altra parte. Sembra che l'Italia in qualche modo sia una specie di turista per caso di questa guerra in corso. E l'ambiguità, appunto, secondo me più profonda che non si dichiara è: come si ferma la guerra? Come si arriva alla pace? Tutti noi vogliamo la pace, nessuno vuole la guerra, il massacro della guerra. Ma come si fa ad arrivare a questa pace? Se noi concediamo l'Ucraina e magari poi dopo anche la Polonia e poi magari anche un pezzo di Germania, ci salviamo dalla guerra fredda, poi dalla prossima guerra calda o no? 

In realtà è comprensibile, gli italiani che hanno subito forse, più di altri paesi occidentali, il peso e il costo della guerra fredda, perché da noi è diventata calda con il terrorismo rosso e nero e poi con la coda del terrorismo mafioso, naturalmente gli italiani non vogliono la guerra. 

Non vogliono ritornare a un'epoca di sangue come è stata fino a 25 anni fa, e questo direi assolutamente comprensibile. Meno comprensibile, invece, è che non si capisca come si può fermare questa guerra, non dobbiamo mandare truppe in Ucraina, però possiamo e dobbiamo mandare armi all'Ucraina perché riesca a fermare in un modo o nell'altro la Russia. Ora quale sarà la soluzione? Il punto di caduta per fermare questa aggressione? Scusa, non è qui e non è il momento di saperlo. Perché questo poi dipende dalla Russia, non dipende certo da noi che chiacchieriamo. Deve essere chiaro che la guerra si ferma lì non è che si ferma dando l'Ucraina in pasto. Noi aumentiamo la guerra e Conte, con queste sue dichiarazioni, ci porta la guerra in casa, non ci dà la pace, ci porta la guerra in casa. Salvini con certe ambiguità ci porta la guerra in casa.

Questa distorsione della realtà, secondo me, va sottolineata. Questi signori hanno fatto dei passi inavveduti. E dovrebbero invece rivedere le loro posizioni. Oppure noi dovremmo avere chiarezza delle loro posizioni. Ma l'ambiguità dovrebbe finire, perché questa ambiguità che porta all'allargamento della guerra, al prolungamento della guerra, all'aumento dei morti. 

E infine un'ultima nota sul Papa. Molto spesso si cita il Papa che parla di pace e giustamente parla di pace. Ma il Papa se non parla di pace cosa deve fare? Parlare di di guerra, Santa? 

Il Papa non ha mai detto agli ucraini, arrendetevi e fatevi massacrare dai russi. Questo il Papa fa il suo lavoro, i politici dovrebbero farne un'altro. E quindi c’è chi usa ambiguamente, il Papa che fa il suo mestiere per coprire posizioni invece equivoche. Ebbene, questo è un'altro elemento di distorsione, 

 

Rippa - Dalla tua riflessione, che condivido, emergono due tratti chiari, abbiamo sia a sinistra che a destra una situazione di totale precarietà, sia rispetto ai doveri istituzionali, sia rispetto all'intelligenza delle cose.

No, potremmo riassumere in quella che a più riprese, anche come rivista Quaderni Radicali abbiamo posto in evidenza: sia la sinistra che la destra in Italia non hanno risolto la questione liberale. Che è anche un modello di approccio che contiene in sé anche le ambiguità ma lavorando per portarle sul terreno delle regole del diritto, che sono le regole della, diciamo, della scelta definendo una traiettoria in cui investire le proprie energie. Per quanto riguarda il discorso di Putin, qui c'è qualcosa che merita di essere un attimo affrontato con maggiore precisione. E di queste ore la preoccupazione che assale il Presidente del Consiglio, il premier tedesco Schulz, sulle minacce di natura nucleare che ormai sono all'ordine del giorno che sono prospettate direi quasi come una sorta mantra da parte russa. Lasciamo, accantoniamo un attimo l'ex PresidenteDmitrij Anatol'evič Medvedev che sembra un po’ ai margini e ogni tanto, urlando, pensa di avere una qualche forma d’attenzione. Dietro le dichiarazioni che il Cremlino fa c'è chiaramente un'azione minacciosa che non si capisce come venga interpretata da alcuni soggetti istituzionali italiani, allontanandosi da quella ricostruzione che tu fai. Di fatto noi ci troviamo di fronte ad una ad una situazione che vede il lento scivolamento verso una azione di consegna. 

Prendendo in esame i caratteri delle recenti dichiarazioni, che sono propri nell'atteggiamento assunto da Putin, è inutile rivangare le vecchie dinamiche, l'occupazione del Donbass, la convinzione che Putin si sarebbe accontentato di quella prima occupazione. Le assenze dell'Occidente a gestire una via di uscita nel 2014 sulla vicenda del Donbas. L'azione verso la Crimea, cioè tutti quei segmenti che sono chiaramente serviti anche a Putin per mantenere gli equilibri a una situazione interna nella quale poi si respiravano non pochi aspetti di crisi. 

Tu hai citato il caso Navalny. Si è iniziato a discutere se era un eroe o no. Bene lo è sicuramente diventato, è stato incarcerato, è stato ammazzato. Diventa forse al di là della sua volontà, una vittima di un odioso regime dittatoriale, un eroe reale, perché viene fatto fuori, non è che bisogna essere eroi, si diventa eroi sull'urto delle situazioni e probabilmente anche con la non vocazione a voler essere eroi. 

Quindi? È sicuro che il disegno di Putin è un disegno che confligge con il diritto. Le famiglie di quasi 500.000  giovani russi che sono morti in questa guerra. Qualcuno parla di 400.000, qualcuno di 500.000. In ogni caso siamo di fronte a delle situazioni che testimoniano come la “compattezza  sociale” che ha in testa viene realizzata con la più totale forma di oppressione. 

Per non parlare poi delle ambiguità che qualche cosiddetto “intellettuale”  fa emergere sull’Occidente. Ma qui il punto diventa un'altro, allo stadio attuale, al di là di tutti questi percorsi, a chi può venire in mente di indebolire l'Occidente? Tu lo definisci come un atto di ingenuità. Qui c'è qualcosa che può travalicare la mera ingenuità.

Conte nel 2018 nessuno sapeva neanche chi era. Ricordo la battuta di Roncone “…nella redazione del Corriere quando è arrivata la notizia, da una gola profonda all'interno dei 5 Stelle,  che confermava che il candidato prescelto sarebbe stato tale Giuseppe Conte, molti pensavano che fosse l'ex allenatore della Juve e dell’Inter…”.

Si trattava quindi di un profilo che doveva essere neutro perché i due partiti vincitori allora e che diedero vita al governo giallo-verde erano 5Stelle e Lega di Di Maio e di Salvini che pensavano di usarlo come copertura. È evidente che la figura di Conte emerge sulla spinta di tutto quell'armamentario che diciamo, la società delle conseguenze, come chiamo quella della distribuzione del debito pubblico aveva formato. Quindi noi abbiamo nuclei molto attrezzati in tutta la nomenclatura dello Stato, della finanza, delle istituzioni che ha oramai ha travalicato l'ordine politico, non accetta più l’ordine politico e si auto-candida per se stessa ad essere governance, nutrita naturalmente di di incoscienza profonda. 

Quindi abbiamo un doppio binario, quello culturale di traiettoria e  di visione (che non esiste) e quello degli apparati corporativi e burocratici che si sono venuti a formare in questa assenza di visione che nel tempo è diventato egemone. Allora partiamo da questo aspetto specifico: il fatto che nello stadio attuale della crisi della cultura occidentale gli atti che si sono formati in quella che tu hai chiamato la  guerra ibrida nascono probabilmente sotto una regia che può essere di Mosca o ma hanno anche molte complicità. Riguardano l'Iran, riguardano l'utilizzo che viene fatta degli Houti su guida dell'Iran stesso, la messa in movimento della Corea del Nord … ecco tutto ciò non corrisponde soltanto a una domanda di ruolo strategico da parte di  coloro che sono fuori dall'orbita dalla comunità occidentale, d'accordo, ma corrisponde anche a un disegno più ampio di egemonia che influenza i soggetti deboli che cercano di imporsi e che svolgono funzioni - dirette e indirette - di complicità. Ecco qual è la risposta che l'Occidente dà? Non dico in particolare poi dell'Italia perché con questa armamentario a destra e a sinistra, più che risposte si hanno solo patetici borbottamenti di gente senza idee, incapace di vedere il proprio futuro. 

É chiaro che se non si vuole la guerra si devono creare le alternative con il diritto e i propri valori. La non guerra la si costruisce e non si invoca soltanto attraverso un pacifismo che di fatto è assoluta subalternità a un disegno strategico di aggressione.

 

Sisci - Qui tu affronti vari elementi, secondo me uno è diciamo, l'origine dell'aggressività russa: il nostro, come dire, disarmo culturale. Io partirei da questo, il disarmo culturale. Che cosa è stato? È stato secondo me  che dopo la fine della della seconda della guerra fredda ci siamo illusi che la politica non sarebbe più servita perché tutti accettavano l'ordine liberale e quindi non c'era più bisogno di mantenere questo ordine liberale. Magari i conflitti potevano essere tra civiltà diverse, tra il fatto che c'era una civiltà anglosassone contro quella latino americana, che c'erano gli asiatici, ma poi gli asiatici erano diversi, c'erano i cinesi da una parte, i giapponesi da un'altra. Differenziati e nessuno ha più badato a quello che era da un campo e dall'altro. Il vero architrave della della guerra fredda, cioè lo sforzo culturale che non era semplicemente di guerra. L’uno contro l'altro armati, ma anche di confronto; cioè perché alcune idee che venivano dal blocco sovietico effettivamente erano interessanti e andavano studiate e andavano approfondite. C'è stato invece in qualche modo dagli anni 90’ l'abolizione di questa idea che la cultura dovesse essere mantenuta. A mio avviso questo è stato ingenuo. Certo a un certo punto tu puoi dire, non c'è più crimine, per due mesi diciamo non c'è più crimine. E che cosa fai allora? Lasci? Togli i poliziotti? No, ovviamente i poliziotti li mantieni proprio perché e sono stati efficaci e devi preservare quell'ordine che hai mantenuto. Invece c'è stato il disarmo culturale. 

Questo disarmo culturale poi non ha corrisposto al disarmo culturale dall'altra parte. Credo che i fatti dell'attacco americano in Afghanistan e soprattutto dopo il fallimento americano nel ricreare uno Stato in Iraq dopo l'invasione del 2003, le difficoltà crescenti che gli Stati Uniti e gli alleati della NATO hanno trovato sia in Iraq sia in Afghanistan si è diffusa un'idea. Alcuni cosiddetti amici ma soprattutto i nemici dell’Occidente, hanno0 fortemente sostenuto che l'America fosse in declino e quindi l'Occidente fosse in declino, e che non aveva più quel tocco magico che aveva avuto invece alla fine della Seconda guerra mondiale, quando aveva ricostruito praticamente dal nulla, Germania, Italia, Giappone. Quando dopo la guerra di Corea aveva ricostruito la Corea oppure Taiwan negli anni 50. 

Ecco, questo non è un caso, sempre a mio avviso, che il primo vero attacco all'ordine costituito sia avvenuto da parte della Russia nel 2008, cioè quando eravamo alle soglie o nel mezzo della prima crisi finanziaria asiatica e quando era già maturato il fallimento della capacità di controllo americano dell'Iraq. Questa incapacità di giudicare. L'idea che la democrazia in qualche modo potesse crescere da sola. Ebbene, questa è stata una ingenuità e un errore profondo da parte dell'Occidente di fronte a cui ci troviamo oggi. 

A questo punto viene da chiedersi: ora cosa dobbiamo fare? Invece recuperare una coscienza, la coscienza che la nostra cultura va difesa. Ma non difesa in senso, come dire, mettiamo i nemici al rogo, ma anzi prendiamo coscienza. Dobbiamo essere tolleranti e dobbiamo affrontare il futuro. Dobbiamo capire cosa può essere il il futuro. Per questo personalmente trovo molto interessante culturalmente il tentativo di di Papa Francesco, appunto, di proiettare la Chiesa oltre i margini dell'ortodossia, come dire costituita. E cercare nuovi spazi. 

Noi dobbiamo dobbiamo difendere un senso della nostra cultura, della nostra libertà, della nostra tolleranza, della modernità. In maniera nuova e questo oggi si fa con una presa di coscienza.

La Russia invece, Putin, sembrano avere una percezione, anche se errata, che invece l'Occidente, l'America, l'Europa sono in crisi e basta sfondare la porta perché tutto crolli. E quindi questo è il problema centrale di cui prendere coscienza.

Se noi non comprendiamo che in Ucraina stiamo difendendo la nostra pace. Se l'Ucraina cedesse la guerra arriva in Italia. E che essere pacifisti arrendevoli con la Russia oggi non ci dà la pace, ci dà la guerra, ci dà la morte. Ecco, questo è un problema di coscienza profondo, culturale, profondo…Ecco, da questo forse poi possiamo ricominciare a capire e anche mettere ordine alla confusione interna che ci troviamo a vivere in Italia. 

Non si comprende una cosa: siamo tutti per la pace, però non si capisce che cosa dobbiamo fare per per questa pace. E sembra che appunto vendere le armi all'Ucraina sia un tentativo di aizzare la guerra quando è esattamente il contrario. Cioè? Che è la Russia che ha invaso l’Ucraina, non è stata l’Ucraina che ha fatto l’aggressione; che è stata Hamas che ha attaccato Israele, non è stato Israele che ha attaccato Hamas. Mettere ordine mentale, culturale a queste cose credo che sia il primo passo per poi affrontare con coscienza e quindi con ragionevolezza e in maniera avveduta come tu dicevi, le sfide future.

 

Rippa - Per concludere dico che hai toccato un tema che c'è sempre stato a cuore, cioè come la cultura della nonviolenza si contrappone paradossalmente alla cultura del pacifismo. Lo dicevo prima, il pacifismo è una invocazione di pace. La nonviolenza è una costruzione di pace e la costruzione di pace è quanto di più faticoso ci possa essere. Però bisogna andare a mordere il conflitto, portarlo sul terreno del diritto e trovare le soluzioni che siano in grado di essere efficaci.

Il problema è stabilire anche, e lo valuteremo nel tempo, che al di là di tutti gli ingredienti squisitamente elettoralistici quello che si potrebbe presumere essere un'asse Conte-Salvini che richiama il primo governo giallo-verde è un qualcosa che peserà nel contesto italiano, oppure quello che tu chiami una sorta di recupero di coscienza e io chiamerei aggiungere anche di intelligenza delle cose, possa consentirci di ridefinire una traiettoria. 

Una prospettiva nella quale iscrivere la ricerca della pace, sul terreno che ha più ripreso e richiamato, cioè quello della costruzione della pace e quindi dei modelli con cui questa si può realizzare. L’infiltrazione dei caratteri deteriori richiamati, è molto cresciuta in termini negativi. Il sistema complessivo è abbastanza inficiato da egoismi di cortile e la completa assenza di intelligenza di quelli che sono gli equilibri internazionali. Concludo dicendo anche, e credo che tu convenga anche con me che una serie di atti che vengono posti in essere sono anche la conseguenza di una debolezza, anche di coscienza e quindi credo che il lavoro che cerchiamo di fare e ti ringraziamo anche per il contributo che porti, è un lavoro di costruzione di questa consapevolezza e di questa coscienza che non è mai esaustiva come non lo è nessun discorso che cerca di utilizzare la ragione critica associandola a valori che sono appunto quei valori che molto spesso vengono reclamati ma che vengono sistematicamente traditi. 

Siamo partiti da una serie di interpretazioni, e non per vocazione polemica con Giuseppe Conte, ma per le dichiarazioni che lo stesso ha fatto e per il ruolo che ha avuto e per il ruolo che ha come capo di un partito e come ex Presidente del Consiglio. Nessuno mette in discussione la legittimità delle singole tesi, ovviamente, ma sembrano dichiarazioni da bar dello sport più che dichiarazioni di un soggetto consapevole della pienezza del proprio ruolo istituzionale.

 


- Chi vuole la guerra? Le ambiguità, di fatto filo-Putin, di Conte e Salvini. Conversazione con Francesco Sisci con Giuseppe Rippa

(Agenzia Radicale Video)

 

 


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