Tutto si può dire di Walter Veltroni, tranne che non sappia uscire di scena, nei modi ma soprattutto nei tempi. La sua vita pubblica di politico è infatti costellata di passi indietro al momento giusto. Fin da quando lasciò, non proprio in buone acque, la direzione dell’Unità per lanciarsi nell’avventura prodiana dell’Ulivo.
Quell’esperienza, culminata con l’impegno come vicepremier e ministro dei Beni culturali del primo Governo Prodi, non si concluse con un atto formale di dimissioni, ma chi visse quella stagione si ricorderà come l’amante delle bella politica si ritirò per tempo nell’ombra, mentre il colpo di palazzo apriva la strada a Massimo D’Alema. Ma questo solo perché un altro e ben più importante impegno l’attendeva: il partito, che nel frattempo perdeva una lettera diventando DS.
Il suo impegno alla segreteria dei Democratici di Sinistra, segnato dal minimo storico di voti (16,6%%) alle elezioni del 2001, si concluse nell’autunno dello stesso anno col passaggio di consegne a Fassino e col partito finanziariamente allo stremo. Anche questa volta, però, c’era un’altra avvincente e stimolante avventura ad aspettarlo. Non l’Africa, ma Roma.
Diventò così Sindaco della Capitale, quello delle Notti bianche e del Festival del Cinema. Ottenne trionfalmente il secondo mandato, consumato però a metà. Dopo due anni (sei complessivi) il vento era infatti cambiato. Il buon Walter seppe sfilarsi in tempo, lasciando il testimone al già sindaco Rutelli per una staffetta perdente, per poi lanciarsi in una nuova e imperdibile sfida: il sogno di realizzare il Partito democratico, diventarne primo segretario con il sigillo delle Primarie all’italiana, e sfidare Berlusconi nell’elezioni anticipate dopo il secondo azzoppamento dell’amico Romano.
Uscito sconfitto dal voto, ma - viste le aspettative - con un ottimo risultato elettorale, nuovamente non seppe resistere alla tentazione di mollare sul più “bello”. Lo fece dopo mesi di logoramento interno e senza spiegarne davvero le reali ragioni.
Arriviamo così ai giorni nostri: il regime scricchiola sotto i colpi della crisi mondiale, degli scandali regionali e dell’antipolitica, e lui, Walter, ancora una volta ha fiutato l’arrivo della tempesta. Piuttosto che finire travolto – rottamato - ha giocato d’anticipo: va in televisione da Fazio, dice ciao ciao e annuncia la sua nuova sfida: "continuerò a fare politica, attraverso quello a cui ho sempre creduto, cioè l'impegno civile, la battaglia di valori sulla legalità". Insomma, una sorta di padre nobile! Di che cosa non si sa.
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