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17/11/24 ore

M5S: scusate abbiamo scherzato. Ma Di Maio se ne va e Letta non sa che fare


  • Giuseppe Rippa

Il poco gratificante dibattito al Senato su una presunta risoluzione del Movimento 5 Stelle, che da giorni con il suo cosiddetto leader Giuseppe Conte aveva con fermezza (sic!!!) ribadito che non si sarebbe fermato nel caso di invio di armi all’Ucraina, è un po’ lo specchio di un Paese e delle sue istituzioni che oramai rischiano di essere ridotte quasi sempre a drammatiche grossolane farse.

 

Alla fine è stata votata dalla maggioranza tutta una fragile, inutile e ripetitiva risoluzione che ripropone una già approvata mesi fa e quindi già operativa come mandato al Governo sulla invasione della Russia in Ucraina e sugli aiuti anche militari all’aggredito. Viene naturale allora chiedersi quale era l’obiettivo di un movimento allo stato confusionale, che ha soltanto esposto il Paese ad una sofferta rappresentazione di inaffidabilità.

 

Le dichiarazioni in extremis di fede atlantica, occidentalista e europeista dell’armata Brancaleone di Grillo, che dal suo insediamento nel 2018 ha continuato a perdere pezzi, non possono apparire che un patetico tentativo di far credere di esser sobri dopo una sbornia. Soffermarsi sugli interventi, molti dei quali surreali e traballanti, diventa superfluo. Tra contorsioni contraddittorie e imbarazzanti affermazione di centralità del Parlamento che all’inverso è apparso tragicamente alla frutta, si è assistito a uno spettacolo poco edificante per le istituzioni italiane in questa fase di crisi. 

 

Potrebbe essere curioso soffermarsi su alcuni interventi dal carattere tragicomico, ma forse la cosa più importante da valutare, tra le macerie dei partiti, sono alcune conseguenze che dalla frantumazione già prevista dei 5Stelle si stanno prefigurando.

 

Le ripercussioni riguardano quale sarà il comportamento del Partito Democratico che si trova di fronte a due tronconi (ora elettoralmente ridotti all’osso ma ancora rilevanti in Parlamento) del grillismo che non consentono di capire dove la “lungimirante” strategia del segretario Letta andrà a parare. Già perché la “lucida” traiettoria politica del partito erede del PCI-Pds-DS e della ex Sinistra della Democrazia Cristiana aveva a più  riprese ribadito che guardava al campo largo che poi era l’alleanza anche elettorale con il M5S.

 

Il paradosso vuole che il Movimento del garante Grillo oltre ad essere ridotto elettoralmente a cifre insignificanti (le sia pur parzialissime elezioni amministrative del 12 giugno hanno dato mediamente risultati catastrofici per i 5Stelle: poco più del 2%) ora è pure spaccato in due dopo le costanti emorragie da quel voto del 2018 che lo aveva portato ad essere il primo partito italiano!

 

Si c’è tutta la baraccopoli dei commentari politici che si concentrano sul possibile nuovo rassemblement in cui Di Maio si inserirebbe con le sue truppe cammellate, con sindaci (leggi Sala di Milano, forse Nardella di Firenze, Pizzarotti, Brugnaro di Venezia e altri ancora) più il presidente ligure Toti. Spudoratamente qualche commentatore televisivo e il direttore del Corriere della Sera lo ha definito un possibile polo liberale, riformista e tante altre sciocchezze. Ovviamente poi dovrà fare i conti con altri ambiziosi personaggi della sceneggiatura politico-istituzionale ululanti sulle macerie italiane (vedi Calenda, +Europa, forse Renzi…) che si sono messi addosso lo stesso abito nunziale di liberali, riformisti ecc. ecc.

 

Insomma  tutto l’armamentario che tenta riciclaggi di varia natura nel centrosinistra, il cui unico punto di forza è che la destra e il centrodestra italiano sono talmente anch’essi privi di un minimo di cultura liberale e aggrovigliati nelle solite manfrine di leadership immaginarie, che consente loro quale respiro di sollievo. In vista del 2023 ecco un primo abbozzo dell’epico scontro tra capaci di tutto e buoni a nulla…

 

 


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