L'unico baluardo contro l'inciucio Renzi-Berlusconi. È già il mantra di Luigi Di Maio, da ripetere nel suo rally elettorale per chiedere i consensi necessari a impedire, da un lato, la riedizione riveduta e corretta del patto del Nazareno, dall'altro, per ottenere lo scettro del partito con più voti.
Su questa base si “pretenderà” poi l'incarico per formare un governo di soli grillini - un bel monocolore pentastellato - su cui far convergere di volta in volta maggioranze variabili su temi specifichi, meglio se in contraddizione l'uno con l'altro. Questo in linea con la proposta “post-ideologica” di un movimento che promette tutto e il contrario di tutto: dalla rivoluzione liberale, alla reintroduzione dell'articolo 18, passando per il No alla direttiva Bolkestein.
Il concetto sembra chiaro e a più riprese già espresso. Si tratta di un ri-adattamento del disegno originario del 50 per cento più uno, sognato da Grillo, con l'idea suggestiva di un esecutivo di minoranza a 5 Stelle, magari sulla falsa riga – ma proprio falsa – dell'illustre precedente del monocolore democristiano guidato da Andreotti nel 1976/78.
Quelli però erano altri tempi, altri contesti, altri presupposti. In questo caso, siamo nell'ordine delle fantasticherie strumentali alla competizione elettorale, perché senza accordi sostanziati sulle cosiddette poltrone non si canteranno messe governative.
Da qui le ipotesi più svariate su possibili alleanze. A tal proposito, il cosiddetto candidato premier si è sentito tirato per la giacchetta: “Un giorno la Lega, un altro la cosa rossa".
“Il nostro obbiettivo – ribadisce invece Di Maio su Facebook - è avere i numeri per formare il nostro governo. Se il giorno dopo le elezioni i numeri non saranno sufficienti, allora ci rivolgeremo a TUTTE LE FORZE POLITICHE (in piena trasparenza) seguendo le prassi costituzionali. Avremo un programma articolato per punti e chi ci darà la fiducia farà partire il governo che cambierà il Paese e assicurerà una migliore qualità di vita agli italiani per proiettarci finalmente nel futuro”.
Se ciò non dovesse essere possibile – aggiungiamo noi – si scatenerà la propaganda sull'usurpazione della volontà delle maggioranza (relativa - ma non lo diranno) degli italiani. Salvo pragmatici ripensamenti su ipotesi di accordo. In tal caso, i più accreditati – malgrado le smentite di rito – appaiono i componenti di Liberi e Uguali, casomai questi dovessero avere l'exploit sperato.
Ma a questo punto un dubbio - fra tanti - ci assale: e la tanto strombazzata rivoluzione liberale, senza scomodare l'ingombrante D'Alema, la farebbero con Speranza, Civati e Fratoianni, sotto l'egida di un ex-magistrato?... (red.)
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