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24/12/24 ore

Per evitare l’abisso dei 5 Stelle, conversazione con Biagio de Giovanni



 Aver trascurato la soluzione della “questione liberale” rimane l’ostacolo maggiore per una reale riforma del nostro sistema politico. E questo, a maggior ragione, vale per il Partito Democratico che così è rimasto a lungo in mezzo al guado... il PD non pare affrontare davvero i temi della crisi italiana, a cominciare dalla giustizia che resta sorprendentemente assente dal confronto. Possiamo affermare che – tutto sommato – deve ancora nascere un “vero” Partito Democratico?

Risponde Biagio de Giovanni conversando con Geppi Rippa

 

In un certo senso è proprio così. C’è stato il tentativo originario di Renzi, quello che lo ha fatto emergere come leader, al quale ho dato credito perché mi sembrava che finalmente – sia pure con le scorciatoie culturali che gli erano proprie – avesse certificato la fine di una storia, quella del post-comunismo come si è declinato a partire dagli anni Novanta. Politicamente non è una storia che finisce in assoluto, in quanto magari nei meandri della società italiana è ancora presente, ma certo viene il momento nel quale una storia va dichiarata finita. Renzi ha avuto in fondo questo coraggio, di chiudere con il post-comunismo che aveva dato luogo a quello che – per dirla con Croce – è stato l’ircocervo del centro-sinistra ulivista durante la cosiddetta seconda Repubblica. L’Ulivo con Renzi passa nel dimenticatoio e, soprattutto, se ne spazzano via i gruppi dirigenti che lo avevano guidato.

 

Sotto questo punto di vista, va ribadito, Renzi è stato in effetti un nuovo inizio. Poi, per tante ragioni, sia a causa del pantano italiano di cui non ci si riesce a liberare e sia a causa degli errori commessi, il 4 dicembre 2016, con la sconfitta al referendum costituzionale, è arrivata la botta che ha messo in crisi tutto. D’altra parte, l’ipotesi renziana è talmente significativa e forte nella sua connotazione immediatamente politica, che contrariamente alle previsioni Renzi con le primarie è tornato in campo. Questo significa che nella società italiana, sia pure in modo confuso e problematico come ben sappiamo, è presente l’idea che si debba fare qualche cosa di diverso rispetto al passato e che finalmente la storia del post-comunismo vada chiusa. È un’idea che ottiene ancora credito. Naturalmente, è un credito ora più che mai problematico dopo il 4 dicembre, perché quella sconfitta pesa. Non solo perché ha prodotto una scissione, secondo me benefica, dal momento che non si può fare un partito nel partito: si può avere una corrente di pensiero, perfino una corrente organizzata, ma poi la maggioranza del partito deve poter governare, cosa che non era possibile con gli scissionisti. E che, purtroppo, si sta ripresentando con gli “orlandiani” – lasciando da parte il caso patologico di Emiliano, che non è il caso di porre sotto i riflettori – visto che la posizione di Orlando è molto sintomatica: il ministro di Giustizia si ripropone ancora una volta di fare da ponte con tutto ciò che sta a sinistra.

 

Invece, penso che il Partito Democratico ha una chance se rimane solo...

 

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- E' uscito il numero 114 di Quaderni Radicali - Per un vero Partito Democratico

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