Eppure bisogna comprenderli. Non è facile far ingoiare la pillola alle masse del vaffa day; ed è complicato spiegare che ci si è seduti al tavolo con dei “miserabili con cui non vogliamo averci a che fare” (cit. Di Battista). Ma la legge elettorale è importante e va fatta, magari incomprensibile, ma almeno costituzionale.
Ecco quindi il nuovo mantra che fuoriesce dalle bocche grillini: “siamo gli unici in grado di garantire una legge legale”; quando “senza di noi” hanno approvato Porcellum e Italicum, bocciati poi dalla Consulta.
Queste parole le stiamo sentendo ovunque e in ogni occasione propizia, meglio se in prima serata, come ieri nel programma del martedì di Floris su La7, dove si registra la vera "politica dell'alternanza" – una settimana è ospite Luigi Di Maio, l'altra Alessandro Di Battista.
Quest'ultimo, in qualità di portavoce prescelto nei momenti complicati, perché più adatto a mettersi in sintonia con la base, sta perdendo la voce per giustificare l'inciucio a quattro, dovendo fare pure i conti con i colpi di testa a sorpresa del supremo garante.
A Taranto, in una tappa del tour elettorale, Grillo non ha mancato infatti di seminare il panico, anche tra quelli che per conto della Casallegio & Associati stanno trattando sulla “riforma che non capisce nessuno”. Tutta colpa di quel vestito da forza politica responsabile che va comunque stretto al M5S e pertanto è a rischio di strappo, magari nella foga di arringare la folla plaudente.
Poi però ci si può mettere presto una toppa, per sottolineare che “...abbiamo messo la faccia sulla legge elettorale perché non potevamo lasciare che PD e forza Italia scrivessero le regole del gioco a loro uso e consumo”. Quindi, “Avanti così!”: col proporzionale, le liste bloccate di nominati e lo sbarramento al 5%. Almeno fino all'esito del prossimo voto amministrativo. Salvo soprese, si prevede una batosta, preludio - forse - del repentino dietrofront. (A.M.)
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