Dopo il governatore laziale Nicola Zingaretti, che due anni fa decise di non confermare nelle liste Pd gli scomodi consiglieri radicali che avevano svelato lo scandalo Fiorito (quello dei finanziamenti pubblici ai gruppi consiliari), pare che anche il sindaco di Roma Ignazio Marino abbia dichiarato guerra ai radicali, anzi, all'unico consigliere radicale in Campidoglio, Riccardo Magi. Di quale delitto si sarebbe macchiato l'incosciente Magi? Semplicemente quello di essere stato eccessivamente puntiglioso sulle misure contenute nella delibera sulla vendita di oltre 600 immobili da parte del comune di Roma, tanto da votare appunto contro durante la votazione in Aula circa dieci giorni fa.
Inutile sottolineare che sulla delibera in questione, l'opposizione del consigliere radicale è stata ampiamente e pubblicamente motivata nei giorni precedenti al voto, sulla base peraltro di osservazioni piuttosto ragionevoli e seguenti proposte migliorative del testo (come l’abolizione dello sconto del 30 per cento, accolta in parte dallo stesso Marino, che per questo aveva anche ringraziato Magi).
Di fronte alle falle della delibera, incentrato su un tema così caro alla partitocrazia come quello delle concessioni pubbliche, il consigliere radicale aveva inoltre deciso di vincolare il proprio voto ad una netta presa di responsabilità da parte del sindaco contro "l’opacità delle concessioni del patrimonio in cui da decenni si annidano i poteri più clientelari della Città".
Parole gettate al vento: Marino ha deciso di non assumersi questo impegno, e così - anche per questo - è giunto il "no" di Magi, che ha giudicato la delibera come "un'occasione mancata per revocare quelle concessioni con cui si regalano sedi a partiti, sindacati e associazioni amiche". La scomunica lanciata ora dal sindaco porta con sé molteplici perplessità. Essa, infatti, non appare basata su ragioni di mancata "fedeltà" da parte di Magi, tant'è che sono in molti oggi a ricordare che, un anno fa, i lavori del consiglio comunale per l'approvazione del bilancio furono reiteratamente bloccati dalla stessa maggioranza Pd, senza che Marino chiedesse indignato a gran voce alcuna dimissione.
La richiesta di dimissioni di Magi da parte di Marino sembra invece essere basata su ben altre ragioni, legate soprattutto all'intramontabile resistenza di quelle forze affaristiche e clientelari contro le quali neanche un presunto "sindaco della legalità", come Marino, pare in grado di imporre valide soluzioni.
Come è evidente, d'altronde, l'antico intento propagandistico dell'ex chirurgo di moralizzare la vita pubblica è ormai già storia vecchia, e a ribadirlo è stato il sostanziale auto-commissariamento della giunta avvenuto con la nomina ad assessore alla Legalità del magistrato Alfonso Sabella.
Piuttosto che portare avanti la battaglia per la legalità, cominciando realmente a recidere le braccia tentacolari del regime partitocratico (più che mai restio a morire, come dimostrato dall'ultimo preoccupante caso di "Mafia capitale"), il sindaco Marino preferisce concentrare la propria attenzione sulle proprie furie pedonalizzatrici e...le sue multe per divieto di sosta.
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