Lama, Carniti, Benvenuto, Marini, D’Antoni, Bertinotti, Del Turco, Cofferati, Epifani…e chi più ne ha più ne metta: la storia ci dice che la carriera dei grandi sindacalisti termina dove inizia la loro carriere politica. Il fatto, quindi, che Landini, un bel giorno, presto o tardi, possa saltare dall’altra parte della barricata non meraviglia ed è pure scontato, ma non per il motivo addotto da Matteo Renzi circa la sconfitta del segretario della Fiom nel confronto-scontro con Marchionne sugli scioperi disertati negli stabilimenti della “nuova Fiat”.
Dal canto suo, il leader sindacale dei metalmeccanici, dopo aver lasciato intendere di volere sfidare Renzi in un’intervista al Fatto quotidiano, ha smentito, per poi comunque confermare il suo impegno politico attraverso la battaglia sindacale. L’idea è quella di mettersi alla testa di una “vasta coalizione sociale”, che “vuol dire mettere insieme chi agisce nel sociale con al centro la questione del lavoro".
Per l’impegno diretto, si rimette invece nelle mani del suo sindacato: “Deciderà la Cgil nel 2018" – ha detto, salvo elezioni anticipate. Intanto vuole “continuare a fare il sindacalista”: nel modo che conosciamo, facendosi valere più che nelle fabbriche, nella speciale competizione a chi grida più forte nei talk politici, da un canale televisivo all’altro.
Bisogna comunque dare atto al sanguigno Landini di non cedere alle solite ipocrisie. In passato, i suoi predecessori illustri facevano i vaghi, negando velleità parlamentari, in attesa di incassare una bella candidatura, magari in seggio sicuro. Invece, lui non fa mistero dell’utilizzo anche strumentale della posizione ai vertici del Sindacato.
Per ora è alla testa del “partito Fiom”, domani chissà. Se resterà tale, rischia tuttavia di rimanere confinato in quella nicchia di sinistra radicale sempre in cerca d’autore e circoscritta nei consensi. Guidare la Cgil tutta e raggiungere un maggiore ecumenismo tra i lavoratori di sinistra potrebbe dargli qualche chance in più come leader politico. Per questo la stanza al piano alto della sede di Corso Italia a Roma può diventare il prossimo obiettivo intermedio.
Susanna Camusso è avvertita, ma probabilmente sta in campana da tempo. Comunque, male che vada per lei, ha già i galloni per fare il grande salto. Così, nella prossima Legislatura potremmo trovarcela insieme col suo rivale a Montecitorio, nel solco più classico della tradizione.
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