Da una parte una donna, 40 anni, renziana (della prima, della seconda…o dell’ultima ora, chissà), attuale assessore regionale alle infrastrutture della discussa Giunta Burlando; dall’altra un uomo, 67 anni, già segretario della Cgil nella stagione che ha posto le basi del fallimento sindacale che viviamo, ex sindaco di Bologna, attualmente parlamentare europeo. La sfida era quella delle Primarie del Pd nella corsa alla Regione Liguria post-alluvionata. Ha vinto la prima, Raffaella Paita. Ma il secondo, Sergio Cofferati, non ci sta: vuole vederci chiaro e aspetta il responso dei garanti, minacciando ricorsi alla procura per brogli e irregolarità.
“C’erano cinesi in” coda ai seggi, si dice. Ma anche marocchini e chi sa quale altro cittadino immigrato, residente o con regolare permesso di soggiorno avente diritto al voto, secondo le cervellotiche regole messe in piedi dai vertici del Pd. Qualcuno racconta che gli insoliti votanti avrebbero chiesto i denari promessi per la volenterosa opera prestata, mentre si punta il dito sui militanti del centrodestra camuffati da sinistri elettori, con l’obiettivo di far fuori il presunto favorito della vigilia.
Non è la prima volta che si arriva alla gazzarra post-voto. Memorabile fu l’annullamento delle primarie a Napoli che diedero il vantaggio a Cozzolino. Anche in quel caso si parlò di code cinesi. Che dire, poi, delle accuse sugli elettori di etnia rom reclutati a Roma, che la recente inchiesta su cooperative e MafiaCapitale ha riportato in auge?
Siamo quindi alle solite quando si tratta di primarie “vere” e non di semplici ratifiche o legittimazioni di scelte fatte altrove. Sarà un caso, ma se lo scontro è aperto, il tanto decantato metodo democratico voluto da Walter Veltroni mostra tutti i suoi limiti genetici.
Sull’onda negativa dell’astensionismo registrato di recente, nel Pd da qualche mese si stava pure pesando a un accantonamento del metodo di scelta delle candidature. Del resto, una volta scalato il monte, i renziani non hanno più l’interesse ad alimentare un processo che porta a quanto pare solo rogne, quando invece si può decidere dall’alto, contando su un’ampia maggioranza nel partito.
Un esempio in tal senso ce l'ha offerto la vicenda di Lady Like, Alessandra Moretti, direttamente designata dal segretario come candidata Pd alla corsa della Regione Veneto. È accaduto nei giorni in cui si dibatteva proprio dell'opportunità di bypassare in qualche modo l’ostacolo primarie. Alla fine, si è optato comunque per la messinscena (guarda caso senza polemiche post-voto) che, in quanto tale, ha suggellato la candidatura della ex portavoce di Bersani alle prossime elezioni venete.
Per la Liguria la storia è stata diversa. La sinistra anti-renziana del Pd ha voluto puntare sul "cavallo di razza", tuttavia con pedigree del rottamabile d.o.c. Ma l’aria che tira nel paese non è delle migliori e, grazie a un idealtipo come Cofferati, cinesi o non cinesi in coda, la retorica renziana che abbiamo conosciuto in questi anni, benché ammuffita, ha così potuto avere presa facile. Magari con un semplice slogan: “saranno gli anni rock”!
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