Un esercito che ha perso la bussola. E’ Simone Furlan, ideatore del fantomatico "Esercito di Silvio", a fornire la sintesi della difficile situazione che sta attraversando Forza Italia, soprattutto dopo la bastonata renziana alle europee e quel 16,8% di consenso strappato a fatica.
Il caos post-elezioni attorno alla futura leadership del partito non sorprende se si considera il lento declino che sta consumando il suo –e fino a poco tempo fa indiscusso – capo carismatico. Ciò che occorre notare, tuttavia, è che la natura profondamente personalistica del principale schieramento del centrodestra italiano finisce per manifestare i propri limiti anche nei volti e nelle parole di chi ora chiede a gran voce un cambiamento.
Ad accendere la miccia di una questione così esplosiva è stato l’ex governatore della Regione Puglia Raffaele Fitto, che sulla spinta delle 284mila preferenze ottenute nell’ultimo appuntamento elettorale, ha chiesto a gran voce un ricambio ai vertici del partito attraverso elezioni primarie e maggiore trasparenza (lanciando, in quest’ultimo caso, l’idea grillina di una diretta streaming in occasione del prossimo ufficio di presidenza).
Berlusconi ha, ovviamente, rigettato ogni richiesta, ricordando che Forza Italia è, fin dalla sua fondazione di venti anni fa, "un movimento politico aperto, democratico", e che "in tale direzione ho sempre orientato la mia attività di Presidente e Fondatore, con l’equilibrio, la capacità di sintesi e il rispetto di tutti che mi sono sempre stati riconosciuti". In poche parole il capo è, e rimarrà ancora per molto tempo, lui (con buona pace anche delle varie condanne ed interdizioni).
Nonostante il richiamo del leader, Fitto ha fatto capire che non intende cambiare idea, soprattutto ora che è riuscito a conquistare, a sorpresa, il favore di diverse anime "ribelli" di FI: Carfagna, Capezzone, Rotondi, Ravetto, Polverini. A sostenerlo, insomma, l’intera banda degli ex anonimi, che tutto devono al magnate di Arcore, che li ha amorevolmente lanciati e cresciuti come sue semplici pedine-portabandiere.
Le parole colme di delusione con le quali Berlusconi avrebbe commentato la decisione di Carfagna di schierarsi dalla parte di Fitto – "una che io ho creato e adesso mi tratta così" –, potrebbero infatti tranquillamente essere utilizzate nei confronti di tutti gli innovatori dell’ultima ora. A partire proprio dall’ex governatore pugliese, accudito per vent’anni come un figlio dal leader di Forza Italia, che non esitò a definirlo la sua "protesi",vale a dire un prolungamento naturale della propria immagine.
Quali siano, dunque, i contenuti riformatori che gli ex berlusconiani pentiti vorrebbero promuovere con la loro azione è decisamente poco chiaro, probabilmente perché, in fondo, questi non esistono. Cresciuti all’ombra di un padre-padrone, e denutriti in maniera strategica di ogni minima forma di coscienza politica (ancor meno che liberale), i "fittiani" sembrano rappresentare tutto fuorché una reale fonte di rinnovamento politico del centrodestra italiano.
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