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16/11/24 ore

La crisi della Sinistra europea



Intervista a Emanuele Macaluso

 

- La costruzione europea, venuto meno il mito dell’Unione Sovietica, ha rappresentato un obiettivo strategico per tanti riformisti italiani. Oggi da un lato, riguardo ai giovani, si parla di eurogeneration: i ragazzi si muovono con disinvoltura da un capo all’altro del vecchio continente, alcuni fanno l’esperienza del progetto Erasmus, le stesse barriere linguistiche paiono meno insormontabili. D’altro canto il sogno degli Stati Uniti d’Europa sembra essersi sbiadito e prevalgono non di rado delusione e disincanto. Cosa ne pensi?

 

Sono d’accordo con questa sintesi della situazione. Osservo che tali sentimenti anti-europei, tali spinte anti-europee si accompagnano a una sorta di necessità dell’Europa, caratterizzata da una dimensione non solo politica, ma umana dell’Europa, vissuta specialmente dai più giovani. Questa contraddizione è dovuta a mio avviso al fatto che in Italia non ci sono più grandi partiti impegnati, appunto, a sciogliere contraddizioni del genere. Ciò dipende inoltre dalla stampa, dai media. Tale contraddizione non si risolve anche perché negli ultimi vent’anni c’è stato un enorme abbassamento della cultura politica di massa, non solo di quella dei gruppi dirigenti. Siamo dinanzi a un fatto che non so come potrà essere superato senza una ripresa della battaglia politico-culturale, necessaria per affrontare la contraddizione messa in evidenza dalla domanda.

 

- Di certo valuti positivamente l’ingresso a pieno titolo del Partito democratico nel Pse. Cosa potrà rappresentare ciò in concreto per il nostro Paese e per la sinistra italiana?

 

Sono lieto dell’ingresso del Pd nel Pse. Purtroppo, però, noi assistiamo a un ritrarsi della sinistra europea in Germania, nel Regno Unito, in Francia, in Spagna, in Italia su problemi decisivi, pensando che si possano risolvere ancora sul piano nazionale. Avverto che il Pse non è impegnato in una lotta politica vera, anche nei confronti del Ppe, anch’esso peraltro in disarmo su questo fronte, se penso a quello che fu l’impegno di De Gasperi, di Monnet, di Kohl ecc.

 

Per fortuna, io dico, il candidato del Pse alla guida della Commissione europea è Martin Schulz, che mi sembra invece una persona molto consapevole dei problemi e molto impegnata. Però il Pse in quanto tale non è stato particolarmente impegnato. Insomma: se l’adesione del Pd al Pse è solo formale e non un impegno sostanziale, nel senso di stimolare la sinistra europea a riprendere un’iniziativa europeista moderna, nuova, rispettosa dei problemi dell’oggi, non abbiamo fatto nulla. Risolto il problema formale, quello sostanziale è: come ci andrà questo partito in Europa, nel Pse? Ci andrà con una forte vocazione volta a impegnare anche le altre forze in una discussione che ridia alla sinistra europea un ruolo? Ecco il tema dei prossimi mesi...

 

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