Beppe Grillo e alcuni membri del suo Movimento 5 Stelle hanno occupato mercoledì 30 settembre, per pochi minuti, una parte della sede Rai in Viale Mazzini a Roma. La polemica scaturita da questo gesto ha finito per concentrarsi soprattutto sulle considerazioni di carattere politico del leader genovese, piuttosto che sulle uscite riguardo il ruolo della tv pubblica.
E così, mentre i giornali di mezza Italia rilanciano le scontate parole di Grillo sul possibile sostegno ad un governo Letta bis (“Io a queste domande non rispondo. L’unica cosa importante è mandarli tutti a casa”), risulta molto più interessante approfondire la questione Rai. “Il nano con le sue merdose tv non mi interessa, mi interessa la tv pubblica. Basta con i direttori di giornale messi lì dai partiti, la politica deve uscire dalla Rai. Non è possibile affrontare le elezioni con depistaggi totali” ha dichiarato Grillo nel suo comizio improvvisato di oggi.
“Questi non sono giornalisti – ha aggiunto – sono impiegati, come gli autori, che sono tutti politicizzati”. Parole poco morbide anche sul tema dell’equa rappresentazione delle forze politiche: “Questi giornalisti non fanno il loro mestiere, fanno gli zerbini, i camerieri o i lobbisti. Ecco perché Casini, il cui partito è scomparso, continua a pontificare in tv”.
Tralasciando le espressioni colorite alle quali il leader dei 5 Stelle ci ha ormai abituati, l’attacco di Grillo nei confronti del regime disinformativo posto in essere in modo sistematico dalla rete pubblica italiana coglie ovviamente un problema di seria attualità. Una questione – per le sue gravi implicazioni di carattere democratico – evidenziata innumerevoli volte dai “clandestinizzati” radicali, seppur il blogger genovese non abbia mai avvertito l’esigenza di condividere apertamente le loro rimostranze.
Le modalità in cui si è espressa la protesta dei grillini, per di più, rendono difficile ancora una volta l’individuazione al suo interno di istanze propositive e reali, oltre che di una concreta consapevolezza della tematica in questione in tutte le sue manifestazioni e sfaccettature. Quella della Rai, insomma, non costituisce una storia da poter liquidare con un semplice “tutti a casa”, ma necessita invece di un’analisi lucida e informata, in grado di comprendere la centralità della funzione da essa svolta – soprattutto di tipo clientelare – all’interno del sistema partitocratico fin dai tempi dell’Eiar.
In un comunicato l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, ha commentato l’offensiva di Grillo e, oltre a lanciarsi in una fiera quanto imbarazzante difesa dell’autonomia della tv pubblica, ha sottolineato come la cosa più grave dell’occupazione grillina fosse la presenza del presidente della Commissione parlamentare di vigilanza Rai Roberto Fico, “un rappresentante delle istituzioni”.
Fico si è difeso dichiarando che, prima ancora di essere un presidente della Commissione di vigilanza Rai, è un normale “cittadino”. Ma non si era ripetuto fino alla nausea, nelle grida indignate nei confronti del malcostume e dell’immoralità palesate dalla Casta, che i membri del Parlamento – così come quelli del governo e lo stesso presidente del consiglio –, dovessero dimostrare un contegno particolare, e superiore alla norma, proprio perché “istituzioni” prima ancora che “cittadini”?
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