Nonostante l’arrampicata sugli specchi di Beppe Grillo – che sul blog cerca di descrivere “il crollo dei partiti”, peraltro citando solo quattro città –, il flop del Movimento 5 Stelle alle ultime amministrative è stato evidente.
In nessun comune il candidato del movimento ha raggiunto il ballottaggio. Il risultato migliore si è ottenuto a Roma, con il 12,6% di Marcello De Vito, che però fino a poche ore dal voto ripeteva convintamene che avrebbe raggiunto il secondo turno. Nel resto d’Italia, in media, al di sotto del 10%.
C’è chi giustifica ora l’esito negativo sottolineando la natura della tornata elettorale, amministrativa e non politica, tuttavia – benché in questo ragionamento ci sia una parte di verità – sarebbe assurdo tralasciare i risultati emersi dalle urne pensando che le dinamiche politiche locali siano del tutto separate ed indipendenti da quelle nazionali.
Grillo però sembra intenzionato a proseguire a testa bassa, senza tanti ripensamenti. All’indomani del voto ha attribuito la colpa del flop agli elettori, affermando che esistono due Italie. L’Italia A è quella peggiore, quella che vota i partiti tradizionali. L’Italia B, invece, è quella composta da “lavoratori autonomi, cassintegrati, precari, piccole e media imprese, studenti” che ovviamente votano il M5S per cambiare le cose. Il bene e il male, secondo la più banale retorica politica.
Non tutto il movimento, però, condivide la volontà del leader di voltare pagina, senza alcuna forma di autocritica. A preoccupare molti degli eletti a 5 stelle è il progressivo distacco dal territorio, un’involuzione di non poco conto per un movimento che è nato attraverso la creazione di centinaia di gruppi di attivisti e di meetup sparsi per tutto il Paese. Anche l’alto tasso di astensione – affluenza al 62,4%, 15 punti in meno delle precedenti amministrative – non lascia indifferenti i grillini.
Il deputato stellato Walter Rizzetto non ha esitato a criticare il suo leader: “Non sono d’accordo con Grillo, non è colpa degli elettori. Dobbiamo riflettere. L’astensionismo è un dato sconfortante”. Il tanto sbandierato riavvicinamento tra cittadini e politica, in effetti, ancora non si vede, neanche negli esperimenti online.
Così la tensione sale, e nel Movimento si torna a parlare di scissione. Un drappello di deputati e senatori a 5 stelle sarebbe infatti pronto a lasciare il gruppo e a formarne uno separato. “Siamo in dieci, pronti ad andarcene”, avrebbe riferito un parlamentare al Corriere della Sera.
Resta da vedere ora se Grillo sarà capace di ricompattare i suoi e di evitare una frattura che, visto come stanno andando le cose, costituirebbe un altro fallimento clamoroso.
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