Dopo la settimana di fuoco “presidenziale”, domani si terrà la direzione nazionale del Partito Democratico che dovrà decidere chi guiderà fino al congresso il partito, ormai in assoluto disfacimento. A spiccare non sono solo lotte tra correnti, ma perfino tensioni all’interno delle stesse fazioni in conflitto.
All’interno dell’area cattolica, per esempio, il clima non sembra dei più positivi. Le voci su una possibile nomina di Enrico Letta alla presidenza del Consiglio hanno conosciuto il secco “no” della presidente dimissionaria Rosy Bindi che, pur riconoscendo le capacità dell’ex margheritino, ritiene che non sia il momento adatto per una sua “promozione”.
Rosy Bindi ha spiegato il suo niet sottolineando la necessità di “non allontanarsi troppo da un governo del presidente”, obiettivo da raggiungere facendo fare un passo indietro ai vari rappresentanti di partito, compreso Letta.
Tuttavia, dietro al rifiuto della ex presidente sembra si celino più beghe personali e di fazioni che ragioni reali. A confermalo, in parte, sono state le parole di Franco Marini, anche lui punto di riferimento dell’area cattolica e protagonista del primo atto della tragedia democratica nella corsa al Colle. Dopo aver definito il Pd “un partito allo sbando”, l’ex segretario del Partito Popolare Italiano ha risposto infastidito alla bocciatura di Letta da parte della Bindi: “Sul piano politico è un errore.Se il presidente della Repubblica è costretto a trovare un Governo subito, Letta può essere uno di quelli che può fare un lavoro positivo”.
Intanto da Bologna sono arrivate le rivelazioni del parlamentare Pd Carlo Galli: a dispetto delle notizie che erano state diffuse dal partito, non ci fu unanimità nell’assemblea dei grandi elettori che scelse Romano Prodi a candidato presidente della Repubblica. Secondo Galli, infatti, solo il 75-80%, avrebbe alzato la mano in favore dell’ex premier, a chiamarsi fuori furono dalemiani ed ex popolari.
D’Alema ha respinto le accuse di tradimento, annunciando denunce nei confronti dei “calunniatori” e attaccando invece chi avrebbe deciso di candidare Prodi “in modo francamente assurdo”. E intanto Giuseppe Civati, leader dei giovani parlamentari democratici, scommette che ben presto ci si ritroverà a chiamare questi traditori “ministri”.
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