E sì, Il Pd ha attivato davvero il dispositivo di autodistruzione. Almeno questo dice la seconda drammatica giornata di elezioni presidenziali, che ha visto Romano Prodi, molto di più di Franco Marini, letteralmente impallinato dai franchi tiratori.
Il risultato è stato peggiore di ogni più catastrofica aspettativa: 395 sono stati infatti i voti ottenuti dal Professore bolognese, ben al di sotto del quorum di 504,ma anche della quota 450, ritenuta grossomodo buona per riprovarci con successo alla quinta votazione. Per contro, gli altri candidati di bandiera sono andati molto meglio del previsto: Rodotà 213, Cancellieri 78, senza contare un minaccioso 15 di Massimo D’Alema.
E' una storia molto triste quella che racconta il rapporto di Prodi con il pallottoliere di Montecitorio. Già in passato l'ex leader dell'Ulivo aveva dovuto piegarsi al risultato del voto segreto dell’aula e lasciare prematuramente le stanze di Palazzo Chigi. In quelle occasioni si trattò di battaglie giocate sul filo del voto. Oggi, invece, non c’è stata proprio partita. Le porte del Quirinale si sono subito chiuse.
Ora, con “la candidatura Prodi è bruciata”, come ha sentenziato Matteo Renzi al termine dello spoglio,il risiko riparte. Sarà una notte di lunghi coltelli nel Partito democratico e la guerra interna minaccia di non fare prigionieri. C’è da augurarsi che dalle macerie non esca oltremodo danneggiato il Paese. (A.M.)
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