24 febbraio. Luigi de Magistris ha una visione e decide di condividerla con i suoi seguaci così twittando: “Da visionario penso che la fase più avanzata della democrazia sia l'anarchia, sogno comunità che si autogestiscano senza poteri, solo amore!”.
È la domenica elettorale e forse il sindaco di Napoli guarda già lì, dove spira forte il vento da tsunami, fiutando il fallimento della sua Rivoluzione Civile.
Il giorno dopo il voto, infatti, attorniato da una selva di microfoni, liquida senza troppi complimenti l’esperienza con i suoi ex colleghi magistrati, Ingroia e Di Pietro, supportata dalla pattuglia di inguaribili bolscevichi, orgogliosi di fregiarsi del simbolo con falce e martello. “Rivoluzione Civile ha perso –dice – e per me non ha futuro”.
Del resto, in campagna elettorale de Magistris aveva avuto modo di prendere una parziale distanza ed esprimere il suo “rammarico per alcune candidature mancate e alcune proposte non accolte”, pur confermando “l'entusiasmo per la campagna elettorale… ».
Un modo, dicevano già i maligni, per tenere un piede dentro e l’altro fuori: per far propria l’eventuale vittoria, o sfilarsi in caso di debacle, saltando magari sull’arca del vincitore annunciato nel mare in tempesta.
Non c’è da stupirsi, quindi, se ora il Sindaco chiede una mano ai parlamentari grillini, “curioso e speranzoso per le loro istanze di cambiamento...”, suggerendo persino al presidente Napolitano di “dare l’incarico a Grillo”.
Il tono è di quelli di chi non vuol proprio sentir parlare di "sconfitta personale", perché – sottolinea - “io mi misuro solo quando mi candido: tutte le volte che mi sono candidato sono arrivato primo”.
Eppure, a voler ben analizzare il dato elettorale, se proprio c’era un luogo dove poter superare il quorum del 4% questo è Napoli. E, invece, anche all’ombra del Vesuvio la lista Ingroia si è mantenuta bassa.
Dove sono finiti, ci si chiede allora, i consensi in quota Luigi de Magistris? Certo, chi respira l’aria del Golfo aveva già visto gli Arancioni scolorirsi. La rivoluzione a base di demagogia e di populismo in salsa giustizialista si è presto schiantata alla prova dei fatti. E Napoli, così pronta ad abbracciare il Masaniello di turno, percentuali di voto alla mano, chiaramente, l'ha già bocciato.
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