Il prossimo mese di ottobre sarà un mese caldo per lo Stato spagnolo alle prese con la costituenda Repubblica catalana, a prescindere dalle elezioni politiche di novembre.
Intanto perché il 1° sarà l’anniversario del referendum criminalizzato; poi perché il 15 cade l’anniversario della fucilazione nel 1940 del presidente-martire della Generalitat di Catalogna Lluís Companys, arrestato dalla Gestapo e consegnato al regime franchista dalla Francia di Vichy.
Inoltre il 12 ottobre è la Festa nazionale spagnola, o Fiesta de la Hispanidad, che rende meglio l’idea, e come se non bastasse anche della Madonna del Pilar, patrona della Guardia Civil, quella che due anni fa manganellò gli inermi cittadini catalani che si recavano alle urne.
Ma, soprattutto, il mese prossimo sono attesi due verdetti che avranno forti ripercussioni sulla politica: da Madrid è attesa la sentenza del Tribunal Supremo sui prigionieri politici catalani; da Strasburgo il pronunciamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sull’immunità da riconoscere o negare al neo deputato europeo, nonché ex vicepresidente catalano Oriol Junqueras, quello che tra i dirigenti catalani rischia di più, fino a venticinque anni di carcere.
Ora, se il tribunale europeo dovesse riconoscere alle centinaia di migliaia di elettori il diritto di avere il loro rappresentante al Parlamento europeo, a Junqueras devono immediatamente aprire i cancelli del carcere dove da quasi due anni ormai è rinchiuso senza una sentenza di condanna. E se pure la condanna dovesse nel frattempo arrivare, varrebbe comunque l’immunità parlamentare.
Ed è in questo contesto che alle Cortes l’altro giorno Pedro Sánchez ha minacciato di tornare a commissariare la Catalogna se la Generalitat guidata da Quim Torra non dovesse abbassare le orecchie.
Intanto continuano a rimanere fuori dal Parlamento di Strasburgo anche gli altri due eletti catalani (in esilio, a differenza di Junqueras), i federalisti europei Toni Comín e Carles Puigdemont, e con loro altre centinaia di migliaia di cittadini europei.
David Sassoli consule, si sarebbe detto un tempo.
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