Si conoscerà fra qualche settimana il verdetto del Tribunal Supremo spagnolo sulla sorte dei militanti e degli eletti catalani, molti in carcere preventivo da quasi due anni, che rischiano fino a un quarto di secolo di galera per aver organizzato il famoso referendum per sganciare la Catalogna dallo Stato spagnolo.
Cinquantadue deputati francesi, nessuno della maggioranza e nessuno del Rassemblement National, già Front National, hanno richiamato ieri l’attenzione dell’opinione pubblica francese su questa indecenza. I deputati erano stati preceduti mesi fa dall’iniziativa di quarantun senatori che avevano chiesto il «rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali in Catalogna».
[…] vogliamo dire la nostra preoccupazione e la nostra riprovazione di fronte a quello che a nostro avviso colpisce le libertà fondamentali e l’esercizio della democrazia... In ragione delle loro scelte politiche, per aver organizzato una consultazione popolare, persone democraticamente elette sono incarcerate, esiliate, e rischiano di essere condannate a pesanti pene detentive. Il rispetto delle regole istituzionali è una cosa, ma noi riteniamo che il dibattito politico non può essere lasciato in balìa della repressione, né determinato da attacchi ai diritti delle persone ricorrendo al reato d’opinione […].
Immediata la reazione indignata di Manuel Valls, già primo ministro francese e attualmente consigliere municipale a Barcellona e di Josep Borrell, attuale ministro socialista degli esteri spagnolo, nonché prossimo Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri.
I conti tornano. A ore seguiranno gli anatemi del governo francese e del Presidente macroniano dell’Assemblée Nationale. Nel nostro parlamento, intanto non si trova né un deputato né una senatrice disposti a dar man forte ai loro colleghi francesi che osano dissociarsi dalla Ragion di Stato-Nazione in seno a questa Unione Europea. Anche qui i conti tornano.
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