Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

19/11/24 ore

Francia, Germania, Cina, crisi economiche diverse e simili. Conversazione con Francesco Sisci di Giuseppe Rippa



Quella della Francia è una crisi economica che porta alla recessione? Attraversata da una seria crisi politica e istituzionale, si ha la sensazione che questa stia degenerando a tutti gli effetti nell’incapacità di gestire i conti pubblici. Tutto questo potrebbe prefigurare una profonda crisi finanziaria. Quello francese è il terzo debito pubblico come consistenza negativa nell’Eurozona,  dopo quelli di Grecia e Italia. Uno scenario molto negativo per uno dei capisaldi politico-finanziario dell’Europa.

 


Ancor meno rassicurante è lo scenario della Germania del cancelliere Olaf Scholz, la cui coalizione di governo registra differenze ideologiche al suo interno che impediscono una risposta forte, in un senso o nell’altro alla evidente crisi del Paese. L’industria automobilistica tedesca vive una parabola negativa che si potrebbe definire drammatica.

 

La Volkswagen, capofila simbolico delle case di produzione automobilistiche tedesche più importanti, ha in progetto progetta di chiudere almeno tre stabilimenti proprio in Germania, licenziando decine di migliaia di dipendenti e ridimensionando i restanti impianti. Non era mai accaduto di intervenire così pesantemente su stabilimenti nazionali.

 

Jonathan Packroff scriveva su Euractiv: “… La Germania è la grande economia con la peggiore performance al mondo, ma le differenze ideologiche all’interno della coalizione di governo impediscono una risposta forte, in un senso o nell’altro….In diversi Paesi europei esiste un detto che sottolinea la profonda interdipendenza tra il gigante industriale e i suoi vicini europei: “Quando la Germania tossisce, i Paesi Bassi [Austria/Polonia/Balcani occidentali…] prendono la polmonite”.

 

“Non è un caso - scrive Carlo Lottieri sul sito dell’Istituto Bruno Leoni - se ora anche le classi dirigenti, a Berlino, abbiano iniziato a mutare registro. Dinanzi alla possibilità che s’affermino ancor più movimenti venati da ideologie totalitarie (e nel passato la capitale tedesca ha conosciuto tanto il nazismo quanto il comunismo), quelli che fino a ieri erano obblighi imprescindibili non lo sono più…”.

 

Nel frattempo il presidente dell’associazione delle aziende europee a Pechino, Jens Eskelund, in una intervista di qualche mese fa al Sole 24 Ore, metteva in guardia sui caratteri poco analizzati di una crisi dell’economia cinese dagli effetti negativi legati principalmente a una politica che non ha favorito la crescita della domanda interna.

 

Le vicende dell’aggressione della Russia in Ucraina hanno creato poi non pochi problemi a Pechino e aperto una scontro sotterraneo con quelle economie - diciamo dell’Occidente - che, chi più chi meno, avevano avuto rapporti economici commerciali quanto meno unilaterali che avevano contribuito al consolidamento del Drago cinese.

 

Esistono connessioni tra loro di queste crisi così diverse eppure così simili. Chi aveva guardato con prospettiva di sviluppo senza fine al rapporto con la Cina, ha difettato di capacità di visione. E la stessa cosa ha fatto la Cina?

 

Di questo hanno discusso Francesco Sisci, giornalista, analista politico, sinologo, con Giuseppe Rippa, direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale.

 

- Francia, Germania, Cina, crisi economiche diverse e simili. Conversazione con Francesco Sisci di Giuseppe Rippa

(Agenzia Radicale Video)

 

 


Aggiungi commento