Il governo tedesco ha ordinato l'espulsione del capo della Cia a Berlino in seguito alla scoperta di due casi di agenti segreti tedeschi accusati di passare informazioni riservate agli Stati Uniti.
Il primo caso è scoppiato venerdì scorso, quando è stato arrestato un agente tedesco che sotto interrogatorio avrebbe ammesso di aver fornito a Washington documenti e informazioni riservate sull’inchiesta avviata da Berlino sullo scandalo Nsa. A seguire, alcuni giorni dopo, la conferma da parte della procura federale dell’esistenza di un secondo sospetto caso di spionaggio, su incarico dell’intelligence Usa, scoperto sul suolo tedesco.
Due episodi, come dichiarato dal portavoce della cancelliera Angela Merkel, considerati dal governo tedesco "molto seri", e in grado di minare quel clima di fiducia e sincerità con gli americani che dovrebbe essere "reciproco". E mentre la Casa Bianca si trincerava dietro un imbarazzato "no comment", Angela Merkel rincarava la dose in prima persona, sottolineando come "spiare gli alleati sia uno spreco di energie" e notando con gli Stati Uniti "una differenza di principi molto grande rispetto ai compiti dei servizi segreti dopo la guerra fredda".
Alla base dell'ultima clamorosa svolta diplomatica tra Berlino e Washington ci sarebbero dunque ragioni ed attriti legati soprattutto all'imponente scandalo Datagate, rivelato nel 2013 dall'ex agente dell'Nsa Edward Snowden e riguardante il piano di sorveglianza di massa attuato dall'agenzia per la sicurezza nazionale statunitense. Uno scandalo che fece salire alle stelle le tensioni tra le due potenze, soprattutto dopo la rivelazione per la quale anche il cellulare della cancelliera Merkel sarebbe stato intercettato per anni dall'Nsa.
Nello scontro senza precedenti tra Germania ed Usa trovano, però, spazio anche ragioni politiche ed economiche. Evidente è, infatti, l'insofferenza del presidente Obama nei confronti del ruolo rivestito dal governo Merkel nella fase di rilancio dell'Eurozona. Sono infatti passati poco più di otto mesi da quando, nell'ottobre scorso, il dipartimento del Tesoro americano si scagliava duramente contro le politiche economiche adottate da Berlino e in particolare contro l'eccessivo surplus commerciale da esse generato.
Nel suo rapporto semestrale, il Tesoro americano evidenziava come la politica economica tedesca, incentrata sul contenimento dei consumi interni e sulla spinta alle esportazioni, stia frenando l’intera Europa (e, di conseguenza, anche la ripresa americana): la Germania prospera, vendendo i suoi prodotti nello stesso continente, ed evitando così gli effetti negativi dell’alto valore dell’euro, mentre gli altri paesi dell’Unione, soprattutto quelli meridionali, ne pagano il prezzo.
Berlino invece, auspicava il Tesoro americano, dovrebbe stimolare la domanda interna e le spese dei tedeschi, per ridurre il suo avanzo commerciale, così l’acquisto dei beni in arrivo dagli altri membri della Ue favorirebbe la ripresa economica dell’intero continente. Parole, quello del governo Usa, ancora molto attuali, dal momento che la Commissione Ue, oltre ad annunciare mesi fa l'avvio di un'indagine sul surplus delle partite correnti tedesche, nulla ha fatto per correggere gli squilibri macroeconomici determinati dall'azione della "locomotiva" Germania.
Parole che, tuttavia, hanno anche generato forti malumori nel governo tedesco, per un'ingerenza negli affari economici che, a questo punto, sarebbe vista come un'intromissione ancor più inaccettabile di quella fatta di spionaggio e servizi segreti.
Lo Scontro tra Germania e Stati Uniti è guerra economico-finanziaria? Video-editoriale di Giuseppe Rippa (Agenzia Radicale Video)
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