Prima sconfitta per la compagine euroscettica guidata da Marine Le Pen, principale vincitrice delle elezioni europee dello scorso maggio. La leader del Fronte Nazionale francese, infatti, non è riuscita a trovare il numero minimo di alleati con cui costituire un gruppo ufficiale in Parlamento Europeo.
Come avevamo ampiamente previsto sull’ultimo numero di Quaderni Radicali, la profonda eterogeneità dei partiti anti-Ue è stata decisiva nell’impedire all’Alleanza Europea per la Libertà lanciata da Le Pen e Geert Wilders (leader del partito populista olandese PVV), di trovare un accordo con almeno 25 deputati, appartenenti ad almeno 7 partiti, per costituire un gruppo a Strasburgo.
Ad accettare l’invito di Le Pen e Wilders sono stati infatti solo la nostra Lega Nord, il Partito della Libertà austriaco (FPO, primo in Austria) e il belga Vlaams Belang (VB). A pesare sul mancato raggiungimento della quota minima di partiti è stata certamente la volontà di non coinvolgere nel progetto le numerose forze ultra-nazionaliste, spesso accusate di derive razziste, antisemite e neonaziste (dall’ungherese Jobbik al tedesco Npd e la greca Alba Dorata).
Non è servita, peraltro, l’ammissione con “riserva” del polacco Janusz Korwin-Mikke, eletto nelle file del KNP, nonostante le sue parole revisioniste su Hitler (il quale, secondo Korwin-Mikke non sarebbe stato al corrente dell’Olocausto). Un ingresso imbarazzante che ha spinto Wilders a sottolineare quanto la presenza nel gruppo del polacco accusato di antisemitismo e misoginia fosse un ostacolo eccessivo anche per il suo partito e a fare, così, un passo indietro.
Gli eurodeputati del Fronte Nazionale, del PVV, della Lega Nord e delle altre formazioni euroscettiche saranno dunque costretti a cominciare la legislatura tra i “non iscritti”, proprio assieme a quei partiti estremisti dai quali si è cercato di stare alla larga. La posizione di “non iscritto” implica, inoltre, poteri fortemente penalizzanti, soprattutto alla luce delle aspirazioni rivoluzionarie di Le Pen e i suoi alleati (dalla mancata partecipazione alla distribuzione delle cariche al limitato tempo di parola, fino alle 40 controfirme richieste per presentare semplicemente un emendamento).
L’unico gruppo euroscettico ufficiale che opererà a Strasburgo, quindi, sarà quello formato dall’estroso Nigel Farage, leader dell’inglese Ukip, che è stato in grado di concludere l’accordo con membri di almeno altre sei nazionalità (tra cui proprio una dissidente del Fronte Nazionale francese e il M5S di Beppe Grillo). Resta, tuttavia, l’immagine di un’ondata euroscettica che, seppur di rilevanti dimensioni, appare al suo interno profondamente divisa.
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